La situazione nel carceri sardi è esplosiva. Roberto Melis, segretario nazionale CONSIPE lancia l’allarme

Richiesto un incontro con la presidente della Regione Todde

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  Un grido d’allarme: la polizia penitenziaria boccheggia. La situazione nei carceri di tutta la Sardegna è pesante. Mancanza di personale e turni massacranti stanno contribuendo a fiaccare la resistenza anche di coloro che hanno la fibra forte. Roberto Melis, residente ad Alghero, è il segretario nazionale della CONSIPE ed è lui a lanciare l’SOS: “Abbiamo tre istituti di una certa portata nell’isola.- dice Melis- A Sassari siamo davanti ad una grave carenza di organico con i colleghi che sono chiamati a turni massacranti.

  Nonostante l’impegno del Comandante, in missione, non basta più il numero di poliziotti e con questo mi ricollego alla mancanza di risorse in tutta la Regione. Senza queste ultime i conti non quadrano e non si può programmare il futuro. Al personale non possiamo rimproverare nulla, anzi fa tantissimi sacrifici con senso di appartenenza e abnegazione. Tra l’altro non vi è neppure un Direttore titolare in loco, considerato che una volta la settimana viene da Cagliari il Dott. Porcu, il direttore del carcere di Uta, il quale ovviamente ha difficoltà a gestire determinate situazioni che si verificano nel quotidiano”. 

  Non solo Sassari però. Anche a Cagliari e Nuoro la situazione non migliora. “Ad Uta c’è stata una riunione, - continua Roberto Melis - laddove si è svolto un confronto per portare i turni da sei ad otto ore. Noi come ConSiPe non siamo potuti essere presenti ma pur potendo non ci saremmo andati perché sarebbe stato inutile, la direzione prospettava ai Sindacati già una bozza di riorganizzazione che lasciava pensare che la decisione fosse stata già presa e per questo, a nostro parere, sarebbe stato superfluo partecipare non dando alternative e non portando nuove proposte. Per cui io mi chiedo: a cosa serve convocare il sindacato? Avrebbero potuto semplicemente informare che avrebbero attuato questa nuova organizzazione senza coinvolgerci così che ognuno potesse, in seguito, fare le proprie “mosse” nelle sedi opportune. Le otto ore sono imposte perché, parliamoci chiaro, c’è poco personale e poi, è evidente che per un poliziotto sia più semplice ammalarsi perché i turni sono massacranti ed impegnativi”.  

   La situazione della Polizia Penitenziaria a Nuoro, in particolare presso l'istituto di Badu e' Carros, riflette le problematiche più ampie che affliggono l'amministrazione penitenziaria centrale. La recente decisione di schierare l'esercito per il presidio esterno dell'istituto è stata interpretata come un chiaro segnale dell'inefficienza del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP). Questo evento ha riacceso il dibattito sulla gestione e l'organizzazione della Polizia Penitenziaria, con una crescente corrente di pensiero che condivide la nostra proposta e sostiene la necessità di rivedere radicalmente il suo posizionamento all'interno dell'architettura della sicurezza pubblica italiana.

  Una delle proposte portata avanti da noi come ConSiPe infatti è quella di sottrarre la Polizia Penitenziaria dalla giurisdizione del DAP, per collocarla direttamente sotto l'egida del Ministro della Giustizia. L'idea è quella di avere la Polizia Penitenziaria guidata direttamente da un "uomo in divisa", esperto dei compiti e delle necessità operative specifiche, piuttosto che da figure civili, le quali – secondo i critici – non possiederebbero la stessa affinità e comprensione delle dinamiche e delle esigenze del corpo. Inoltre, emerge un quadro di deficit cronico di personale, con una carenza stimata di almeno 50 agenti a Nuoro.  

  Negli anni, le soluzioni adottate dall'amministrazione centrale non hanno fatto altro che aggravare la situazione, privilegiando l'invio di personale femminile in contesti (Carceri solo Maschili) dove le possibilità di impiego per le poliziotte sono estremamente limitate a soli pochi posti di servizio. Questa politica di assegnazione del personale sembra ignorare le reali necessità operative degli istituti, che richiederebbero invece un incremento del numero di poliziotti da impiegare in servizi attivi H24.  

  Quindi chiarisce: “Ad Alghero, per esempio, di rinforzo sono stati inviati due uomini e tre donne. È chiaro che in un carcere maschile queste ultime possono svolgere solo alcuni posti di servizio. Tra l’altro ad Alghero la situazione è migliore che non da altre parti, ci sono detenuti più gestibili perché hanno pene definitive e sanno come comportarsi. Più difficile a Sassari, dove vi sono oltre che a detenuti comuni e A.S. anche quelli in regime 41 bis”. Poi una domanda alla quale Melis non sa dare una risposta: “Molti dei detenuti più facinorosi dello stivale vengono mandati in Sardegna, forse perché siamo isolati e circondati dal mare, oppure perché siamo più bravi a gestirli? Sta di fatto che le conseguenze le paghiamo noi. Lo Stato ci deve tutelare e far fronte a questa mala gestione."

   Il crescente malcontento e le critiche espresse da diverse voci all'interno del corpo della Polizia Penitenziaria sottolineano l'urgenza di un ripensamento complessivo della strategia di gestione del personale e delle strutture penitenziarie.  La richiesta è chiara: un cambio di direzione che ponga al centro le competenze specifiche e le necessità operative della Polizia Penitenziaria, garantendo sicurezza, efficienza e condizioni di lavoro adeguate per gli agenti impegnati quotidianamente sul campo. Abbiamo richiesto un incontro con la neo-eletta Presidente della Regione Alessandra Todde per analizzare attentamente nei dettagli la situazione, che oramai è ai limiti del collasso”.