Una religione radicata e sentita, sviluppatasi in epoca preistorica e
durata ben oltre l’avvento della civiltà nuragica al punto che, quando
Gregorio Magno, nel 595, scrive ai vescovi della Sardegna chiedendo di
accelerare il processo di cristianizzazione dell’Isola, la religione
dei sardi è caratterizzata da idoli di legno e pietra. Si tratta dello
stesso credo religioso delle statue stele menhir? Il nodo centrale
dell’intervento dell’archeologo Giorgio Murru che questo pomeriggio,
nel salone dei congressi di tourismA, chiuderà il programma di questa
intensa tre giorni, ruota attorno a una domanda volutamente
provocatoria.
Il direttore del museo della statuaria preistorica sarda, con sede a
Laconi, spiegherà infatti, nel corso dell’intervento, che scavi
recenti, realizzati a Nurallao (Aiodda) e Samugheo (Paule Luturu),
hanno restituito testimonianze assai rilevanti che fanno pensare a una
continuità dell’antica religione dei sardi almeno fino all’alba dei
nuraghi.
Questo è certamente un elemento di assoluta rilevanza tenuto conto del
fatto che fino a poco tempo fa si pensava che il culto della statuaria
preistorica non avesse relazione con il periodo nuragico.
I ritrovamenti di menhir che, nei due siti citati, di Nurallao e
Samugheo, secondo la credenza dei sardi antichi, avevano certamente il
compito di tenere lontani gli spiriti maligni, dimostrerebbero,
secondo Giorgio Murru, una linea di continuità e quindi una relazione
certa tra nuraghi e statuaria preistorica.
Il filo conduttore tra preistoria sarda e età nuragica, dunque,
sarebbe rappresentato proprio dalle statue menhir e “Gli elementi
determinanti – spiega Giorgio Murru – sono la forza, la costanza e la
resistenza di un popolo, se si pensa che a distanza di sei secoli
dalla divulgazione della parola di Dio, i sardi continuavano ad
adorare idoli di legno e pietra. Si tratta ancora delle statue
menhir?”.
La risposta sarà certamente oggetto di dibattito che prenderà l’avvio
proprio qui a Firenze, in chiusura di lavori del tourismA 2018, e
proseguirà nelle sedi deputate alla comunicazione scientifica.
Intanto va detto che nel terzo e ultimo giorno del prestigioso Salone
fiorentino, considerato il più importante evento europeo relativo al
turismo archeologico e culturale, il padiglione Sardegna continua a
essere una fra le mete più gettonate dalle centinaia di visitatori che
malgrado il tempo incerto invadono il Palazzo dei Congressi dalle
prime ore di questa mattina.
Se pure è prematuro, a oggi, tracciare un bilancio di questa edizione
2018, sembra chiaro che tourismA sia una manifestazione in crescita.
Tendenza che certamente sarà confermata nei prossimi giorni quando gli
organizzatori comunicheranno i dati di chiusura.
Per la Sardegna è stato un grande successo non solo per la qualità
dell’allestimento grazie al quale la cerimonia inaugurale si è svolta
nella sala Sardegna, ma soprattutto perché il patrimonio culturale
dell’Isola è sempre oggetto di forte richiamo dal punto di vista
scientifico e turistico e questi sono elementi su cui occorre lavorare
e progettare.