L'ondata di ritorno del Covid 19: sono gli anziani a rischiare di più

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  Il Dott. Pietro Demurtas, Medico Chirurgo, consigliere comunale a Sassari nel Gruppo Sardegna Civica, ha diffuso una nota nella quale traccia un quadro complessivo sulla letalità del virus evidenziando che i maggiori rischi coinvolgono la popolazione anziana. "La letalità per Covid-19 calcolata con gli studi sulla sieroprevalenza - afferma - è compresa tra lo 0.3% e lo 0.6%.

  Leggendo le ultime analisi riportate dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità), aggiornate a pochi giorni fa, che calcola la letalità con il secco rapporto tra numero di positivi e numero di decessi, emerge chiaro che la stragrande maggioranza dei malati ha un’età avanzata. Osservando i numeri si evince che i tra tutti i soggetti deceduti per Covid-19 solo 1% aveva meno di 50 anni. Ad oggi in Italia la letalità fra i 0 e 30 anni è prossima allo 0%. La mortalità cresce moltissimo con l’avanzare dell'età.

  Ad esempio: un uomo di 45 anni, senza patologie pre-esistenti che si infetta di Coronavirus, ha una probabilità di sviluppare scarsi sintomi o niente nel 95% dei casi ed una probabilità di sopravvivere di più del 99%. Una persona Covid-positiva di 75 anni ha una probabilità di morire del 21% (26% per gli uomini e 15% per le donne). Avanzando con l’età, la mortalità cresce sempre di più. Nella fascia di età 80-90 anni la letalità è del 30% (41% per gli uomini e 24% per le donne). Questo significa che un ottantenne su due che contrae il virus muore.

   “Considerando che in Italia – prosegue il consigliere comunale Pietro Demurtas - abbiamo la popolazione più vecchia d’Europa con 14 milioni di over 65 (7 milioni over 75) possiamo immaginare quanto pericoloso possa essere il virus per la capacità di gestione del Sistema Sanitario.” La stragrande maggioranza dei pazienti che necessitano di ricovero sono anziani. Gli ospedali italiani sono al collasso, intasati dai ricoveri, dalle richieste di visite mediche.

   Questa grave situazione potrebbe migliorare parecchio se si concentrasse l’attenzione sulla protezione di questa categoria a rischio. Considerato che quasi tutti gli anziani sono ormai in pensione, conducono una vita di relazioni meno legata alle attività produttive del paese, sacrificare momentaneamente la loro libertà di movimento comporterebbe un minor danno per l’economia rispetto ad un lock down generale. E, per contropartita, decongestionerebbe la gestione difficoltosa delle strutture sanitarie.

  ”Pertanto – prosegue il medico chirurgo - cerchiamo di rinforzare e promuovere la regola già divulgata di una massima attenzione al non infettarsi per questa categoria a rischio. Se abbiamo oltre i 65 anni cerchiamo di stare a casa il più possibile evitando ogni relazione in presenza. Se invece siamo più giovani rinunciamo, per un periodo di alcune settimane, ad andare a trovare i nostri genitori anziani o a portare i nipotini dai nonni. Capiamo il disagio di genitori con bambini piccoli a cui verrebbe meno l’importante ruolo dei nonni nell’aiuto familiare.

   Ma l’incapacità del Sistema Sanitario di reggere l’impatto dei numeri dei malati e delle richieste del ricovero verrebbe aiutato parecchio da tale sacrificio. Non sappiamo il futuro cosa ci riserverà, come evolverà la malattia e come cambieranno le cose. I dati raccolti dalle società scientifiche sono in continua evoluzione. Ovviamente sia i vecchi che i giovani non possono privarsi a lungo di una vita di relazione fatta di contatti fisici veri.

  Ma per ora proteggiamo al massimo la generazione che ci ha cresciuti.” La stessa attenzione - conclude l'esponente di Sardegna Civica - è ovviamente da riservare anche ai portatori di altre patologie che risultano essere anche loro inserite nelle categorie a rischio per ricovero e letalità."