Per fronteggiare in maniera appropriata, e senza allarmismi,
l’emergenza sanitaria legata al coronavirus, è necessario non solo
appellarsi al senso di responsabilità di ciascun individuo ma anche
mantenere attivi adeguati sistemi di sorveglianza sulle comunità da
parte delle autorità sanitarie.
Il rispetto delle prescrizioni finalizzate alla limitazione del
contagio (indossare la mascherina in ambienti chiusi e all’aperto in
luoghi affollati, distanziamento, lavaggio frequente delle mani) da
parte di ogni singola persona deve procedere di pari passo con
l’attivazione di percorsi semplici e chiari di identificazione rapida
dei nuovi casi positivi e dei loro contatti, così che possano essere
immediatamente messi in isolamento e monitorati in ambito domestico.
Una organizzazione di questo genere permette di circoscrivere
efficacemente eventuali nuovi focolai di infezione che dovessero
venire a crearsi e consente agli amministratori locali di assumere
tutti gli ulteriori provvedimenti necessari per tutelare la salute
pubblica, infondendo fiducia nella comunità che sa di potersi affidare
senza paura alle istituzioni.
Proprio per garantire questo circuito virtuoso, in ottemperanza al D.L.
n°14 del 9 marzo 2020, art.8, anche l’ATS ha istituito in Sardegna le
USCA, unità speciali di continuità assistenziale, dedicate
specificamente all’emergenza coronavirus, attive 7 giorni su 7 dalle 8
alle 20 che, su segnalazione del medico di famiglia, pediatra di
libera scelta, medico di continuità assistenziale, prendono in carico
pazienti affetti da Covid -19 in isolamento domiciliare obbligatorio
in quanto dimessi dall’ospedale o paucisintomatici senza necessità di
ricovero, pazienti con sintomatologia sospetta da accertare tramite
tampone nasofaringeo, pazienti in isolamento fiduciario perché
contatti di casi positivi.
Grazie a queste unità costituite da un team di medici ed infermieri,
si mira ad implementare l’assistenza territoriale attraverso il
monitoraggio telefonico e, se necessario, l’assistenza a domicilio,
riducendo così il ricorso alle strutture ospedaliere ed evitando che i
medici di medicina generale, che devono occuparsi di pazienti con ogni
tipo di patologia, entrino in contatto con individui che hanno
contratto l’infezione da coronavirus.
Questo tipo di procedura è sicuramente operativo in molti distretti
sanitari della nostra isola come, peralto, ci informano i TG regionali
di questi giorni dove si parla delle USCA come di vedette deputate “ad
identificare fiammelle che iniziano ad accendersi per spegnerle subito
ed evitare che si propaghino” e si sottolinea il continuo arrivo di
tamponi prelevati in porti, aeroporti e a domicilio, presso i
laboratori deputati a processarli.
Al contrario, questo tipo di operatività non ha riscontro nel nostro
distretto dove, nonostante la bella notizia di ieri in cui si parla di
ormeggio sicuro ad Alghero grazie all’effettuazione dei test prima
dello sbarco agli equipaggi provenienti da Paesi potenzialmente a
rischio, i pazienti sospetti e sintomatici “di terra” vengono inviati
a Sassari per l’effettuazione del tampone, presso la tensostruttura
presente a Rizzeddu.
Un percorso assolutamente discutibile dal punto di vista sanitario,
che contrasta con le finalità che hanno favorito la nascita di queste
unità operative dedicate e che, di fatto, impedisce l’efficace impiego
di questi medici ed infermieri che si sono resi disponibili per
costituire questo braccio operativo importantissimo per combattere un
nemico pericoloso ed insidioso come è questo virus.
Non è dato conoscere le ragioni di questa ulteriore penalizzazione del
nostro territorio.
Di sicuro, con la riapertura delle scuole diventa
indispensabile poter contare su questo servizio anche nella nostra
città, per avere garantiti supporto ed assistenza continua e
l’effettuazione di tamponi in modo e senza movimentazioni.
Con la
speranza che il referto arrivi dopo massimo 24 ore e non dopo 4-6
giorni come accade oggi.
Dott.ssa Paola Correddu