Perché ci si dimentica di Giuseppe Ungaretti?
È forse il poeta più
amato dai giovani e meno giovani, quello che fin dagli anni sessanta
ha saputo usare i nuovi mezzi di comunicazione, come era allora la tv,
per diffondere cultura e poesia.
Indimenticabile la sua
interpretazione dei versi dell’Odissea, con voce graffiante, rauca
eppure così intensa.
Ma il cinquantesimo anniversario dalla sua morte avvenuta a Milano tra
l’1 e il 2 giugno del 1970 non ha fatto registrare quella doverosa
partecipazione nazionale come ci si attendeva.
Soltanto la Mondadori
ha ristampato una piccola opera di Giuseppe Ungaretti su William Blake
e noi dell’Associazione Internazionale dei Critici Letterari abbiamo
lavorato durante questi mesi del lockdown per dare alle stampe in
tempo utile un libro corale “Ungarettiana” pubblicato nella collana
saggi della Nemapress edizioni al quale hanno partecipato 19 critici e
scrittori provenienti da Francia, Spagna, Catalogna, Romania, Albania,
Argentina, Venezuela e dalle città italiane di Genova, Bari, Roma,
Pozzallo, Taranto, Padova.
Il libro da me curato doveva essere presentato ufficialmente al
Ministero dei beni culturali e all’Accademia d’Egitto in Roma, poiché
come si sa Ungaretti era nato nel 1988 ad Alessandria d’Egitto.
Dove sono le ristampe della sua opera poetica, il lancio editoriale in
grande stile che è stato riservato ad altri poeti e scrittori?
Giustamente il critico Manuel Angel Morales Escudero nel suo saggio
per il volume Ungarettiana sottolinea come un pregiudizio ideologico
legato alla presunta vicinanza di Ungaretti al fascismo ne ha limitato
e continua purtroppo a limitarne il giusto riconoscimento ufficiale.
Come dimenticare il sarcasmo del Premio Nobel Montale sulla vicenda
amorosa di Ungaretti ottantenne?
O la mancata onorificenza di
Stoccolma per motivi politico-culturali?
Mi rammarica constatare come ancora oggi l’ideologia di una certa
parte politica, condizioni una serena visione critica. Non abbiamo
imparato nulla da Grazia Deledda che dopo l’incontro con Mussolini a
chi le chiedeva cosa avesse fatto per il partito, rispose lapidaria e
sintetica “L’arte non conosce politica”.
Il mio saggio per Ungarettiana racconta proprio l’incontro di
Ungaretti con Grazia Deledda, avvenuto a Cervia una domenica d’agosto
del 1935, un anno prima della morte della nostra scrittrice.
La
Deledda pubblicò un elzeviro su Il Corriere della Sera intitolato
“Agosto felice” raccontando la sua giornata festiva coronata dalla
visita di Giuseppe Ungaretti.
Ebbene, dopo la sua morte, nel 1939
l’elzeviro fu ripubblicato nella raccolta “Il cedro del Libano”, ma il
racconto deleddiano viene interrotto prima della descrizione della
visita ungarettiana.
Sarà un caso, ma anche in questa occasione
assistiamo all’occultamento di Ungaretti.
Nella novella Giuseppe Ungaretti è stato cancellato...e mi pare che
nessun critico deleddiano se ne sia ancora accorto!