Dai pastafariani ai maradoniani, sono circa trecento le nuove forme di
fede in Italia, che tra il pullulare di sette e santoni, mitizzano le
realtà più diverse senza trovare la via alla comprensione del sacro.
Il dato è emerso durante il convegno “Il sacro, la memoria, il
tempo”, organizzato nei giorni scorsi al Villino Ricci dall’Istituto
Camillo Bellieni per analizzare, attraverso un confronto tra studiosi,
teologi, scienziati e artisti, lo smarrimento dei valori dell’uomo
contemporaneo.
Un’iniziativa molto partecipata il cui senso è stato suggellato dalla
presenza di una copia della sacra sindone a grandezza naturale,
realizzata dalle Acli di Oristano per stimolare la riflessione e
l’interesse intorno ai segni della fede.
Profondo e articolato l’intervento di Gaspare Mura della Pontificia
Università Urbaniana, sull’ambiguo ritorno del sacro nella cultura
post moderna. Una cultura caratterizzata a suo dire dal relativismo
esistenziale, che trova riscontro anche nelle scienze umane, come
sociologia o psicanalisi. Sarebbe questa una delle cause del dilagare
di tante nuove forme di fede.
Tra le citazioni di Gadamer, Levinas e altri filosofi, altro chiaro
riferimento è stato quello a Ratzinger, per cui, al fine di orientarsi
e salvaguardare la fede autentica dal sacro che apparteneva già ai
miti del paganesimo, la Chiesa si è avvalsa fin dalle origini del
logos della filosofia.
Un collegamento tra la sacralità e i valori umani è stato fatto da
monsignor Corrado Melis, vescovo di Ozieri.
C’è un ritorno verso la spiritualità necessario non solo al fine di
recuperare la dimensione divina – ha spiegato l’alto prelato – ma
anche quella umana, che trasversalmente abbraccia le nostre relazioni
e i valori.
La sacralità dell’arte è stata invece indagata da Roberto Puzzu.
Prendendo le mosse da “Lo spirituale nell’arte” di Kandinsky, Puzzu ha
illustrato il virtuoso esperimento d’arte realizzato negli spazi di
Molineddu a pochi chilometri da Sassari.
Il tema del tempo è stato approfondito dal punto di vista delle
neuroscienze dalla docente dell’Uniss Franca Deriu, che ha spiegato il
rapporto tra tempo e memoria, e come le emozioni e lo stato mentale
riescano ad alterarne la percezione.
Daniela Masia, dirigente delle Acli di Oristano, ha proposto
un’analisi sul tempo della collettività e quello dell’individualità,
dalla quale è emerso un fenomeno di smarrimento della socialità
contemporanea. A concludere gli interventi è stato Michele Pinna,
direttore scientifico Is.Be, che ha illustrato la sacralità del vivere
e morire in Salvatore Satta, autore de “Il giorno del giudizio” e
grande giurista, introducendo il concetto di una dimensione sacrale
anche all’interno della sfera del diritto. Una dimensione che nella
lezione del grande scrittore travalica i confini della scienza
giuridica per proiettarsi in una dimensione trascendente.