L’Italia è al primo posto in Europa per produzione rispettivamente con
4,3 miliardi di chili (di grano duro) e 1,5 miliardi.
Entrano infatti in vigore oggi per il riso e domani per la pasta i due
decreti interministeriali sull’indicazione dell’origine obbligatoria
in etichetta dopo 180 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale.
L’etichetta di origine obbligatoria mette fine all’inganno dei
prodotti importati, spacciati per nazionali, in una situazione in cui
un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero, come pure un
pacco di riso su quattro senza che questo fosse fino ad ora indicato
in etichetta.
Etichetta trasparente che segue quella del latte e i suoi derivati e
che presto sarà apposta anche nei derivati del pomodoro.
“E’ la strada giusta che tutela produttori e consumatori” sostiene il
presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu oggi a Roma per il
pasta day promosso dalla sua Organizzazione per festeggiare gli
storici eventi.
Scelta coerente con quanto chiesto dal 96% dei consumatori che
vogliono che sulle etichette sia scritto in modo chiaro e leggibile
l’origine di tutti gli alimenti confermato anche dal Tar del Lazio che
ha precisato come sia “prevalente l’interesse pubblico ad informare i
consumatori considerato anche l’esito delle consultazioni pubbliche
circa l’importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza
del Paese di origine e/o del luogo di provenienza dell’alimento e
dell’ingrediente primario”.
“Significa dare al consumatore la possibilità di comprare
coscientemente – sottolinea il direttore di Coldiretti Sardegna Luca
Saba – e dargli la possibilità di poter conoscere la provenienza e
poter dare un contributo alle realtà produttive del proprio Paese e
con esse il lavoro e l’economia del territorio”.
L’etichetta di origine rafforza e aiuta le produzioni locali
schicchiate dalla concorrenza sleale del grano importato che ha
portato al crollo del prezzo del grano, oggi inferiore a 42 anni fa:
nel 1976 un contadino per un quintale di grano riceveva più di quanto
non riceva oggi: 48 mila lire rispetto ai 20 euro attuali. Questo ha
inciso nell’abbandono del 60% della terra coltivata a grano in un
decennio: si sono persi 58.129 ettari, passando da 96.710 ettari
coltivati nel 2004 a 38.581 nel 2015.
Stesso discorso vale per il riso, del quale la Sardegna è una delle
maggiori produttrici d’Italia, dove a sua volta si produce il 52 per
cento del riso europeo, con 237mila ettari.
Nell’isola si coltivano a riso circa 3400 ettari (circa il 92% a
Oristano, il resto nel Medio Campidano). Le altre Regioni maggior
produttrici di riso sono Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna
(altre superfici interessanti riguardano la Calabria e la Toscana).
“E’ fondamentale estendere l’etichetta di origine a tutti i prodotti –
evidenzia in linea con la posizione della Coldiretti nazionale
Battista Cualbu –. Le prossime battaglie della nostra Organizzazione
saranno per l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della frutta
utilizzata nelle bevande e quello della carne impiegata nei salumi”.
Secondo quanto previsto dal decreto le confezioni di pasta secca
prodotte in Italia – spiega la Coldiretti – dovranno d’ora in poi
avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel
quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è
stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei
casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE.
Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo
Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e
altri Paesi UE e/o non UE”. Si tratta del risultato della guerra del
grano lanciata da Coldiretti con decine di migliaia di agricoltori
scesi in piazza per difendere dal rischio di abbandono della
coltivazione più diffusa in Italia realizzata spesso in aree marginali
senza reali alternative.
L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso deve riportare le
diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e
“Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione,
lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese,
può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita
dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi,
possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non
UE”. I prodotti che non soddisfano questi requisiti immessi sul
mercato o etichettati prima dell'entrata in vigore dello stesso,
possono essere commercializzati fino all'esaurimento scorte.