La crisi del pecorino : summit a Banari

-
“Per cambiare direzione è necessario dirci la verità altrimenti fra due anni saremo qui a parlare degli stessi problemi. Non possiamo chiudere gli occhi e non dire che c’è qualcuno che ha indotto la crisi del Romano e ci ha speculato sopra”. Non si è affidato a circumnavigazioni lessicali il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba che ieri ha concluso a Banari il convegno sull’Agricoltura sarda divenuto ormai il tradizionale appuntamento autunnale in cui industriali e produttori fanno il bilancio dell’annata appena conclusa e parlano delle prospettive della nuova sul comparto lattiero caseario. Lo ha detto davanti ad una platea di 150 pastori provenienti da tutta la Sardegna ed all’industriale caseario Giommaria Pinna, all’assessore all’Agricoltura Pierluigi Caria, al presidente della commissione Attività produttive Luigi Lotto, dei professori dell’Università di Sassari Roberto Furesi e Giuseppe Pulina ed al moderatore del convegno Pasquale Porcu. Ad aprire il convegno, dopo i saluti del sindaco di Banari Antonio Carboni promotore dell’iniziativa in collaborazione con l’associazione Corale e Coldiretti Sardegna, le relazioni dei due docenti Furesi e Pulina che con numeri e grafici hanno fotografato il comparto, punti di debolezza e potenzialità. Secondo il professore dell’Università di Sassari Roberto Furesi “serve programmazione altrimenti il mercato ci cade addosso e continueremo a vivere nell’incertezza con i continui cicli di crollo e rialzo del prezzo del Pecorino romano che si alternano ogni tre-quattro anni”. Pulina ha mostrato i dati anche dei paesi concorrenti “che cercano di prendersi i mercati che abbiamo coltivato per anni vendendo cose migliori a prezzi più bassi”. E’ emerso che siamo in affanno rispetto ai concorrenti seppure oggi l’Italia sia la maggiore esportatrice di formaggi nel mondo con il 36 per cento (dato che riguarda in primis la Sardegna visto che abbiamo il 44 per cento del patrimonio ovino italiano e produciamo il 65 per cento del latte). I competitor si trovano in Europa (dove si produce il 30% del latte ovino) ed in particolare in Grecia, Spagna e Francia (anche se i maggiori produttori di latte ovino sono Cina e Turchia rispettivamente con il 14 e 11 per cento, che però non esportano). Le tre nazioni europee, ha mostrato Pulina, hanno diminuito il numero di capi ed aumentato la produzione di latte. Ed anche il prezzo segue un trend positivo costante. In Sardegna invece il grafico dei prezzi è un elettrocardiogramma impazzito. Inoltre produciamo meno latte: - 0,6 per cento (riferito a tutta l’Italia). “Anche se la produzione di latte ovino nel mondo rappresenta l'1,3% del totale prodotto nel mondo stiamo parlando di un mercato in fortissima espansione che cresce e crescerà ancora: dal 1960 al 2017 la produzione mondiale è cresciuta del 3,8% all’anno. E nel 2030 saranno aumentate di un ulteriore 7,6 %”. “Il grosso delle aziende ovine italiane producono in perdita. I costi sono uguali ai ricavi. E – ha infine detto il professore – stiamo parlando di aziende le cui entrate non dipendono dai contributi che incidono solo per il 7% mentre il 93% arriva dal lavoro: 72 per cento dal latte e il 21 dalla carne”. Giommaria Pinna ha voluto parlare dell’andamento del prezzo e delle produzioni di Pecorino romano e del latte degli ultimi anni. Secondo il leader dei trasformatori di latte ovino sardo (partito dal presupposto che comunque negli ultimi anni la remunerazione del latte ai pastori è stata di 90 centesimi, un prezzo, secondo lui, adeguato), l’ingordigia di alcuni trasformatori ha portato alla troppa produzione di Pecorino romano e dunque alla crisi ed al crollo del prezzo. “Ma il mercato regola tutti – ha detto –. Il prezzo è crollato a 4,20 e le vendite sono volate, come del resto si evince dai dati pubblici, visto che puntualmente il Consorzio di Tutela del Pecorino romano li invia ogni mese a tutti i caseifici dove sono presenti delle produzioni, vendite e giacenze. Da maggio il mercato si è invertito e le prospettive sono buone”. Inoltre “occorre diversificare e promuovere prodotti alternativi al Romano. Il Pecorino sardo, una dei tre formaggi Dop sardi, non decolla. Se ne producono solo 20 mila quintali, quanto il Pecorino romano venduto in un mese. Non ha attrattiva, non ha valore aggiunto. Per questo occorre incanalare le risorse su progetti virtuosi – ha aggiunto –. Anche quest’anno si è intervenuto in forte ritardo e i milioni di euro messi a bilancio per il settore non porteranno reddito. Se invece si fosse intervenuto per tempo, due anni fa, su progetti non dettati dalla crisi avrebbero dato maggiori frutti”. L’assessore Caria ha spaziato su tutto il comparto agricolo, parlando sia degli interventi tampone che della programmazione che il suo assessorato sta mettendo in campo. “Abbiamo stanziato 45 milioni per i pastori perché volevamo metterli in sicurezza. I dati che ci saranno forniti dai pastori sulle produzioni di latte con la presentazione delle domande saranno messi a sistema nell’Osservatorio che stiamo rafforzando e in Oilos dove si farà vera e seria programmazione”. “Siamo intervenuti anche per le emergenze negli altri settori – ha detto l’assessore -, abbiamo firmato con le Organizzazioni agricole un protocollo di intesa in cui ci sono 20 milioni di euro che arriveranno con la nuova finanziaria che sarà approvata a dicembre”. Ma si sta lavorando anche sulla programmazione: “raccolta dei dati, diversificazione, consolidare i mercati che già abbiamo e ricercarne di nuovi. Lo vogliamo fare con tutti gli attori della filiera. Per questo stiamo convocando gli stati generali dell’agricoltura”. A chiudere i lavori il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba che ha denunciato le speculazioni che ci sono state sul mercato del Pecorino romano. “A marzo 2016 quando il prezzo del Pecorino romano cominciava a decrementare, ci furono diversi comunicati e lettere che annunciavano una sovrapproduzione di latte di 100 milioni di litri e che si sarebbero prodotti a fine annata 430 milioni di litri di latte. Una bufala che abbiamo cercato di smontare da subito e sbugiardata dai dati Istat che hanno certificato la produzione per l’annata 2016-2017 di 290 milioni di litri di latte. E’ stata una speculazione, qualcuno ha voluto buttare giù il prezzo del formaggio, perché da questa crisi molti hanno perso ma qualcuno ci ha guadagnato. Infatti questo bluff ha portato il panico nel mercato. Le cooperative, essendo sottocapitalizzate, hanno da una parte svenduto il Romano e dall’altra concentrato le produzioni proprio su questo pecorino perchè si conserva più a lungo. Se vogliamo far crescere il comparto – ha concluso il direttore - dobbiamo avere il coraggio di leggere i dati e dirci le cose in faccia. Altrimenti cerchiamo le responsabilità sempre fuori e non cambiamo mai. Purtroppo però nessuno ci ha sostenuto in questa battaglia. La politica non ci ha aiutato”.