Sassari: fallisce la class action contro Abbanoa - Bocciata dalla Cassazione

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La Corte di Cassazione mette la pietra tombale sulla class action sulle chiusure notturne a Sassari.
Arriva dall’Organo supremo della giustizia italiana la bocciatura definitiva di uno dei vari tentativi malriusciti di strumentalizzazione della gestione del servizio idrico integrato.

I giudici hanno confermato la bocciatura dell’azione di classe, che tra i promotori erano presenti alcuni ex consiglieri comunali, sulle restrizioni che in passato vigevano a Sassari.
Nel 2016 e nel 2018 si era già espressa negativamente anche la Corte d’Appello con la condanna dei promotori (Piero Paolo Panu, Piero Frau, Giancarlo Rotella, Isidoro Aiello e Dario Satta) a pagare oltre 6mila euro di spese legali in favore di Abbanoa.

Ora si aggiungono ulteriori 6mila euro più ulteriori importi.Fine delle strumentalizzazioni.
La sentenza arriva dopo sette anni di strumentalizzazioni, anche se la class action non ha mai superato nemmeno la verifica delle eccezioni preliminari.
Quando era sta ammessa, infatti, il Tribunale aveva prescritto la pubblicazione degli avvisi per tre volte su entrambi i quotidiani regionali.
Obbligo che non era stato rispettato. Già nel 2016 e nel 2018 la Corte d’Appello aveva decretato l’improcedibilità dell’azione di classe.

I promotori si erano opposti presentando il ricorso in Cassazione la cui bocciatura è stata depositata ieri.
Sono state così accolte le ragioni di Abbanoa, difesa dagli avvocati Giuseppe e Giovanni Macciotta.Cifre inventate.

I promotori, tra cui gli ex amministratori comunali, stavano strumentalizzando una delle pesanti eredità scaricata su Abbanoa che caratterizzava da decenni il servizio idrico nella città di Sassari: le chiusure notturne dell’erogazione. Restrizioni che ormai da tempo (le ultime, tra l’altro, erano dovuti a interventi di Enas e non di Abbanoa) non sono più in vigore e che il Gestore ha aggredito con importanti investimenti sia sul fronte della potabilizzazione sia sul fronte dell’ammodernamento e ingegnerizzazione delle reti idriche.

I promotori dell’azione collettiva chiedevano che il gestore unico rimborsasse la cosiddetta “quota fissa” prevista in bolletta.
Una voce di circa 20 euro all’anno per utenza domestica: eppure erano stati promessi rimborsi per centinaia di euro a ogni singolo cliente. Strumentalizzazioni senza senso.

La quota fissa del servizio idrico integrato non ha nulla a che vedere con la durata giornaliera dell’erogazione.
Non si tratta, infatti, di un “impegno minimo garantito” come avveniva in alcune gestioni passate, ma di una semplice voce relativa a spese di gestione di ogni singola utenza.
La quantità di acqua erogata è già tenuta in conto automaticamente nelle bollette: meno acqua riceve un cliente e quindi ne consuma, meno gli viene fatturata.
Era quindi già scontato che la class action fosse destinata a finire in un binario morto.