Alghero e il palazzo incendiato: si entra soltanto per rubare - Dopo 18 mesi via libera solo per i ladri - Oltre 40 famiglie prigioniere del sistema

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  L'unico movimento di rimozione dei materiali bruciati all'interno del palazzo di via Vittorio Emanuele ad Alghero, quello incendiatosi nel luglio del 2017, è stato quello di un ladruncolo sorpreso da una pattuglia di poliziotti del commissariato di Polizia mentre su un carrello della spesa portava via monopattini, biciclette e altri oggetti tutti naturalmente anneriti e bruciati dal fumo e dal calore delle fiamme. Entrare è facile: ci sono un po di transenne ma soltanto per figura.

  Di guardiania neanche a parlarne. Sembra invece difficile l'ingresso dei procedimenti di consolidamento strutturale, dei periti, e dall'inizio della riqualificazione e rientro alla normalità. Niente è avvenuto di tutto ciò a poco più di quattro mesi dal giro di boa di due anni dall'incendio. Un evento spaventoso che fortunatamente non ha creato vittime ma ha provocato una situazione di disagio diffusa tra tutti coloro che vi abitavano, una quarantina di famiglie, tutte costrette a lasciara la propria abitazione e a cercare soluzioni di fortuna.

  L'immobile annerito dal fumo è ora un autentico monumento alla legnosa gestione di situazioni di questo genere da parte degli apparati burocratici: tribunali, avvocati, compagnie di assicurazione, istituzioni pubbliche di controllo, periti di giustia e di parte. Un vespaio gigantesco nel quale le vere vittime di questa situazione appaiono impotenti e destinate ad attendere ancora chissà quanti anni prima di avere giustizia e rientrare nelle proprio abitazioni. Qualcuno, nel frattempo, è passato a miglior vita.