Roberto Fresu, presidente del Club ha sentito l'esigenza di
intervenire sul difficile momento rappresentato dalla epidemia di
coronovirus.
«Partiamo da un presupposto in modo da non creare equivoci o
fraintendimenti: questa escalation di contagi ci pone in una
situazione di massima allerta e questo rende veramente secondario
pensare al pallone. L’emergenza sanitaria, il corona virus, non sono
più soltanto echi lontani ma rappresentano il nostro presente. Il
presente di noi sardi, italiani, imprenditori, padri, figli e uomini
di sport.
Il presente della nostra comunità che soffre ma non può
permettersi di smettere di lottare, perchè questa è una battaglia che
si vince di squadra. Insieme. Di squadra, come ci insegna il calcio.
Come ci ha insegnato l’ultima partita giocata dalla nostra squadra, il
Sassari calcio Latte Dolce, sul campo della Turris ultima imbattuta
d’Europa. Sembrava impossibile, eppure abbiamo vinto. Ognuno ha fatto
la sua parte, abbiamo gioito tutti: giocatori, allenatore, dirigenza,
tifosi, società nel suo insieme più ampio e condiviso. Da quel giorno
che sembra tanto lontano non è passato in realtà nemmeno un mese.
Il
contagio si è diffuso, è arrivato sull’Isola e nella nostra città.
Quel giorno il pallone ha smesso di rotolare, sono cambiate le regole,
il calcio si è fermato e gli stadi hanno chiuso le porte. Un atto
dovuto, responsabile, necessario forse anche tardivo. Il senso civico
ha prevalso su ogni altro interesse, e anche noi come società abbiamo
preso atto e accettato le regole. I nostri ragazzi continuano a
lavorare a casa, grazie al supporto della tecnologia, alla loro
volontà e all’impegno del prof e dello staff tecnico con cui sono in
contatto quotidianamente. La nostra comunicazione è cambiata, tiene
accesa l’attenzione sulla squadra e sul progetto ma sfrutta la platea
dei suoi canali per lanciare messaggi importanti, legati
all’emergenza, ai comportamenti da assumere, all’esempio da dare
grazie - nello specifico - alla disponibilità dei nostri ragazzi,
uomini, padri e figli di questo tempo surreale.
Il presente è una dura
battaglia, che non lascia spazio ad altro pensiero se non a vincerla.
Prima possibile. La priorità è la salute. Ma il calcio che funziona,
oggi, è come un’azienda. Il pallone deve essere vissuto e interpretato
secondo le regole del fare impresa, per essere sostenibile. Le aziende
dovranno riprendersi da questa botta, e non sarà indolore. Le aziende
del nostro territorio stanno affrontando questa crisi mettendo tanti
padri e madri di famiglia in cassa integrazione, senza sapere quando
ci sarà la ripresa delle attività. Ma anche le società calcistiche
dovranno riprendersi, hanno dovuto interrompere la loro attività in un
quadro in cui, soprattutto in Sardegna, è già difficile fare, operare
e raccogliere risultati. L'unico modo per poter ripartire è avere un
aiuto concreto e sostanzioso dalla Federazione. Senza contare che le
società sarde sconteranno anche il dazio legato alla stretta sui
trasporti, in un quadro complesso che non si sa quando tornerà alla
normalità. Le misure economiche adottate dal Governo non sono al
momento una soluzione, dovranno necessariamente essere integrate.
Riviste. Arricchite. Perchè chi investe nello sport e chi pratica lo
sport a livello professionistico e dilettantistico - posto che il
Sassari Latte Dolce si regge su una struttura professionistica, lavora
come una squadra professionistica e investe come una squadra
professionistica - dovrà poter contare su un supporto economico reale
e funzionale alla ripresa. Non faccio previsioni né ancora vedo
soluzioni alla questione campionati.
Purtroppo in questo momento non
sono la priorità. Oggi prima di tutto dobbiamo sconfiggere la carogna
che ci si è posata sulla spalla, sulle nostre vite, a volte purtroppo
sui nostri cari. Poi dovremo confrontarci con le paure che rimarranno
in noi, e ci vorrà tempo per ritrovare serenità e fiducia nel
prossimo. Ma quando torneremo almeno ad una parvenza di normalità sarà
necessario, imprescindibile quasi, che lo sport e il calcio ragionino
su cosa fare. Serviranno risposte certe, assicurazioni certe, non solo
parole e promesse. Vogliamo fare calcio, ma dobbiamo essere nelle
condizioni di poterlo fare: per ripartire dopo questo brutto momento
il Paese avrà bisogno di tutti, comprese le società sportive, comprese
quelle delle cosiddette serie minori, quelle che lavorano sui giovani,
che puntano sul futuro, che portano il pallone in tutti i paesini e le
città di ogni singola regione, Sardegna non certo esclusa. Io resto a
casa e tutti noi restiamo a casa, adesso. Lo facciamo con convinzione.
Con la voglia di ricominciare a correre e lavorare sullo sport, se le
Istituzioni ci saranno vicine come auspicabile».