Un altro gol di statura scientifica internazionale. The Lancet
neurology nel numero in uscita a giugno pubblica l’articolo “Imaging
biomarkers of vulnerable carotid plaques for stroke risk prediction
and their potential clinical implications”. Il primo autore è Luca
Saba. Ordinario e direttore della struttura di radiologia al
Policlinico universitario “Duilio Casula”, il docente dell’ateneo di
Cagliari ha rimarcato quanto sia decisivo il gioco di squadra sia per
la maturazione di relazioni scientifiche e confronti di elevato
profilo, sia per tradurre i percorsi di ricerca innovativi e le best
practices nella quotidianità didattica e assistenziale. Ovvero, oltre
che per la credibilità e la reputazione dell’ateneo, un balzo in
avanti anche per la qualità delle cure e delle diagnosi.
Con lo
specialista cagliaritano hanno firmato il lavoro effettuato con i
principali gruppi al mondo che si occupano della prevenzione dello
stroke, i professori Max Wintermark (Stanford), Tobias Saam (Monaco),
Rolf Jager (Londra), Chun Yuan (Seattle), David Saloner (San
Francisco), Bruce Wasserman (Baltimora) e Leo Bonati (Basilea).
“Il nostro lavoro definisce le strategie e potenzialità
nell’identificare dei parametri che determinano la vulnerabilità della
placca carotidea con successiva embolizzazione ed evento ischemico
cerebrale. Le tecniche di imaging - rimarca Luca Saba - permettono
un’analisi sempre più dettagliata di vasi arteriosi, consentendo non
solo lo studio luminografico (simil-angiografico) ma arricchendo
questi esami di informazioni relative alla parete vasale e pertanto
della placca carotidea stessa”. La patologia aterosclerotica
dell’arteria carotide è riconosciuta come una delle maggiori cause di
eventi cerebrovascolari. “Fino alla metà degli anni ‘90 le tecniche di
imaging non invasivo non avevano raggiunto un livello di qualità tale
da analizzare la parete vasale, la modalità di visualizzazione delle
arterie carotidi era rappresentata dall’angiografia.
Abbiamo lavorato
- aggiunge il docente - sull’identificazione dei bio-markers di
imaging utili a ridefinire il rischio di stroke e prevenirlo”.
“Questa tecnica, puramente luminografica, non consente - spiega il
professor Saba - di avere informazioni sulla struttura della placca ma
semplicemente sul grado di stenosi che essa determina, o ancora delle
sue eventuali irregolarità morfologiche (la più grossolana delle quali
è l’ulcerazione). Pertanto, quando a partire dai primi anni Ottanta,
iniziarono i grandi trial internazionali multicentrici randomizzati,
quali Nascet e Ecst, per identificare le caratteristiche che dovevano
avere le lesioni aterosclerotiche carotidee perché fosse proficuo
effettuare un intervento di rimozione della placca
(trombo-endo-artectomia o stenting) il parametro cardine di imaging
considerato per stratificare il rischio fu il grado di stenosi”.
Da una serie di trials sono maturate le linee guida adottate, nel
corso degli anni, dalle Società scientifiche nazionali e
internazionali.
“Linee che indicano l’eventuale necessità di
intervento chirurgico in ragione del grado di stenosi (bilanciato da
presenza/assenza di sintomaticità e presenza/assenza di eventuali
irregolarità del profilo luminale di placca, quali le ulcerazioni).
Nonostante ciò, studi istopatologici, hanno dimostrato - sottolinea
Luca Saba - come altri parametri, oltre al mero grado di stenosi,
rappresentino una chiave fondamentale nella fisiopatologia della
rottura della placca carotidea, con successiva embolizzazione distale.
Quali ad esempio, la presenza di emorragia intra-placca, la rottura
del cappuccio fibroso, la presenza di un core lipidico necrotico”. Il
professore lancia un messaggio per la popolazione e la classe medica:
“Attualmente, la radiologia più avanzata è in grado di identificare
tali caratteristiche di rischio con il beneficio clinico che ne deriva
in termini di potenziale prevenzione”.
INFORMAZIONI. Lancet Neurol. 2019 Apr 3. pii: S1474-4422(19)30035-3.
10.1016/S1474-4422(19)30035-3.
thelancet.com/journals/laneur/article/PIIS1474-4422(19)30032-8/fulltext