Non so se capita anche a voi ma questa orgia di italianità mi è
insopportabile: la carne da allevamenti italiani; il latte da
allevamenti italiani; le uova da allevamenti italiani; polli,
salsicce, ecc.
L’italianità come elemento di garanzia di qualità e di
bontà.
L’italianità travalica dalla pubblicità ai discorsi televisivi, ai
dibattiti, ai discorsi politici, alla stampa, ecc.
Non se ne può più.
Ci vogliono far sentire orgogliosi di essere italiani, ma questo è
possibile solo se non si ha memoria.
Il nostro paese non è estraneo a sofisticazioni, alcuni di questi,
qualche anno fa hanno avuto esiti drammatici, spesso la polizia che si
occupa della questione, almeno prima del coronavirus, emettevano multe
salate, a riprova che qualche problema esisteva.
Insomma la italianità
non è garanzia di nulla (senza parlare della falsificazione dei marchi
di vestiti e pelletterie di cui siamo maestri).
Inoltre questa propaganda, e non ce ne sarebbe affatto bisogno,
stimola il nostro antagonismo verso gli stranieri, ovviamente
immigrati, il tutto in contraddizione con l’invito ai turisti
stranieri di venire in Italia.
Certo si può dire che queste osservazioni sono esagerate, ma non
possiamo non tenere conto che il linguaggio è fondamentale per
costruire la coscienza collettiva.
Una coscienza collettiva che oggi
un po’ dovrebbe preoccuparci, perché esprime umori non condivisibili
(egoismo, indifferenza collettiva, vedi le recenti manifestazioni
politiche nel disprezzo di ogni cautela sanitaria, voglia di
accaparramento, individualismo), e che non dovremmo minimamente
alimentare.
Francesco Indovina