Si celebra quest’anno il cinquantesimo anniversario della morte di
Antonio Pigliaru, nato a Orune il 17 agosto 1922, morto a Sassari il
27 marzo 1969. All'intellettuale orunese verranno dedicati tre giorni
di studio il 16, 17 e 18 maggio 2019. Ne sono promotori l’Istituto
Regionale Etnografico di Nuoro (ISRE), l’Università degli studi di
Sassari attraverso il Dipartimento di Scienze Umanistiche e Sociali,
il Comune di Orune e l’Associazione Sassarese Filosofia e Scienza.
Hanno collaborato il Comune di Sassari e il Comune di Nuoro.
L'iniziativa è stata presentata all'Università di Sassari dal
Direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche e sociali, Aldo
Maria Morace, dal Presidente dell'ISRE Giuseppe Pirisi, da Antonio
Delogu, professore ordinario di Filosofia morale, e da Attilio
Mastino, membro del Comitato tecnico-scientifico dell'ISRE. Per
l'Ateneo di Sassari, sono coinvolti i dipartimenti di Storia, scienze
dell'uomo e della formazione e Scienze umanistiche e sociali.
Antonio Pigliaru, conseguita la laurea con una tesi su L’attualità di
Giacomo Leopardi nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università
di Cagliari, insegnò Dottrina dello Stato prima nell’Ateneo
cagliaritano e, poi, in quello sassarese, conquistandosi la stima (ma
anche l’affetto) di studiosi della fama di Norberto Bobbio, Sergio
Cotta, Ugo Spirito, Enrico Opocher e Giuseppe Capograssi. Certamente è
stato l’intellettuale sardo di più largo ed elevato respiro teoretico
e di più incisiva influenza culturale nella realtà sociale e politica
della Sardegna della seconda metà del Novecento.
I lavori del convegno, intitolato "Cultura e società nel pensiero di
Antonio Pigliaru, si svolgeranno nel Teatro Civico di Sassari giovedì
16 maggio, nell’Auditorum del Museo del Costume “G. Lilliu” di Nuoro
venerdì 17 maggio, nella Biblioteca comunale di Orune sabato 18
maggio. A Orune saranno inaugurate la "Biblioteca Pigliaru" che
raccoglie tutti gli autografi, i dattiloscritti e i documenti del
ricco archivio del filosofo - donato dalla famiglia al Comune di Orune
- e la mostra bibliografica e fotografica.
Pigliaru, fondatore, tra l’altro, della rivista “Ichnusa”, fu
promotore di iniziative culturali in cui coinvolse gli intellettuali
più avvertiti dell'esigenza di contribuire alla sprovincializzazione
della cultura isolana e all'apertura di nuovi orizzonti di progresso
civile (tra i tanti: Michelangelo Pira, Salvatore Cambosu, Aldo
Capitini). È autore di importanti opere tra le quali sono da ricordare
Meditazioni sul regime penitenziario italiano, Persona umana e
ordinamento giuridico, La Piazza e lo Stato, L’autonomia come riforma
democratica dello stato e il suo lavoro, giustamente celebre per il
forte impatto che ha avuto sulla società sarda, La vendetta
barbaricina come ordinamento giuridico (1959) in cui, dopo una
meticolosa ricerca sul mondo del “noi pastori”, scopre la causa del
banditismo delle zone interne della Sardegna nell’essersi la comunità
barbaricina data un proprio ordinamento giuridico (dal basso) in
contrapposizione a quello dello stato, in cui il pastore vedeva
soltanto l’azione del magistrato, del carabiniere, dell’esattore delle
imposte.
Antonio Pigliaru riassume in tredici articoli l’ordinamento giuridico
barbaricino, non scritto, ma alla cui osservanza il pastore è
assolutamente obbligato: l’offesa alla persona deve essere vendicata;
il furto della pecora più produttiva è un'offesa alla persona; il
furto del gregge è manifestazione di balentìa, non di delinquenza.
La
conseguenza della ricerca antropologico-giuridica pigliariana è che il
pastore barbaricino che si dà alla macchia per sfuggire, dopo
l’esecuzione della vendetta, all'azione repressiva dello stato, non è
un delinquente ma un soggetto rispettoso delle norme di convivenza che
la sua comunità si è data.
Pigliaru sottolineava la enorme influenza che l’ambiente barbaricino
aveva sulla psicologia del “noi pastori”. Peraltro di quel mondo egli
poneva in evidenza i valori morali fondamentali: solidarietà,
altruismo, ospitalità, rispetto della famiglia e della donna. Non
condivideva, quindi, la tesi del grande principe del foro nuorese
Gonario Pinna per il quale valeva l’equazione
banditismo=analfabetismo. L’intellettuale orunese rispondeva: a
Cagliari, nel Campidano, in altre zone della Sardegna c’è
analfabetismo ma non c’è banditismo.
Pigliaru riteneva che, per cambiare la condizione dell’uomo
barbaricino, fosse necessario trasformare la struttura
economico-sociale, diffondendo la presenza della scuola, attivando la
consapevolezza che la situazione d’isolamento, di precarietà
economica, la stessa dimenticanza o noncuranza da parte dello stato
come fattore di repressione e non come promotore di progresso
economico, culturale, sociale, fossero una esigenza imprescindibile
del governo regionale e di quello nazionale. Temi che ricorrono nel
film “L’ultimo pugno di terra”, al quale Pigliaru contribuì
attivamente, con la regia di Fiorenzo Serra.
Le tesi della scuola positivistica, sostenute da Paolo Orano e Alfredo
Niceforo (giunti in Sardegna tra fine Ottocento e primi anni del
Novecento, convinti sostenitori dell’idea che la Barbagia era una
“zona delinquente”), fondate sul concetto di razza, venivano
definitivamente superate. Un altro problema affrontato da Pigliaru con
approfondimenti teorici illuminanti, è quello dell’autonomia
regionale. Su questo problema, Pigliaru ha proposto tesi ancora
attualissime: l’autonomia regionale consiste nella riforma della
sovranità statale, cioè nella riforma democratica dei rapporti
Stato-società civile col fine di realizzare una democrazia diffusa e
massimamente intensificata, così che il potere politico appartenga
sempre più al cittadino e non sia un momento di mera contrapposizione
allo Stato.
Pigliaru è stato un intellettuale di straordinaria intelligenza, di
elevatissima sensibilità morale: doti che lo indussero a promuovere
centri di orientamento pedagogico per maestri e docenti della scuola
secondaria, a organizzare a Sassari corsi di formazione culturale per
i ferrovieri e per le commesse dell’appena inaugurato UPIM, a
sostenere con forte convinzione l’istituzione della Facoltà di
Magistero a Sassari, della cui realizzazione non poté, purtroppo,
essere partecipe.
Nonostante le precarie condizioni di salute, che lo costrinsero via
via a sempre più frequenti ricoveri in ospedale, restò sulla breccia
fino alla fine: per il 28 marzo, il giorno dopo la sua morte, giunta
improvvisa sotto dialisi, aveva programmato il primo seminario
pubblico di Dottrina dello Stato.
Pigliaru è stato per molti, che molto gli devono, il Maestro che ha
educato le coscienze alla comprensione delle ragioni profondamente
umane che devono orientare gli individui nell’agire sociale e del
valore morale dell’impegno solidaristico. Non a caso amava citare un
verso famoso del poeta Machado: la monetina dell’anima si perde se non
si dona.