Una interessante anticipazione giunge dalla abituale rassegna di
Ambiente Informa che riportiamo di seguito.
In anteprima del numero 3/2020 di Ecoscienza, Francesco Bertolini (SDA
Bocconi) ha pubblicato una riflessione sull’uso della plastica al
tempo del Coronavirus.
“Sono passati solo pochi mesi, ma abbiamo invertito le parole;
rischiamo di sacrificare decenni di impegno ambientale in poche
settimane.
Plastic free era il mantra pre-coronavirus; ora la plastica
è tornata prepotente, colonizzando bar, ristoranti , supermercati e
negozi come mai nella storia.
Un cambio di paradigma allarmante, in una retorica buonista e di
sostenibilità ambientale che poi finanzia i monopattini elettrici come
se fossero l’evoluzione naturale della mobilità urbana e non una
simpatica modalità di una piccola nicchia di giovani in forma e che
probabilmente non si muoverebbero comunque in automobile; il panico
che è stato diffuso nel paese ha distrutto decenni di retorica, di
incentivi e di investimenti miliardari nel trasporto pubblico,
abbandonato per paura di un contagio ormai remoto, ma che influenzerà
i comportamenti dei cittadini per anni.
In questo contesto impazzito la priorità è una sola; combattere il
virus, senza pensare alle conseguenze, senza capire che igienizzare
tutto e rendere il mondo un ambiente asettico è follia e la migliore
premessa per una caduta della salubrità pubblica e per il ritorno di
malattie probabilmente peggiori del coronavirus stesso.
I detergenti e i disinfettanti rappresentano una tra le fonti
principali d’inquinamento per le acque dei fiumi e dei laghi, e di
conseguenza dei nostri mari.
Senza entrare nel caso spagnolo dove una
disinfestazione di una spiaggia ha fatto strage di tutti gli esseri
viventi che stavano tranquilli senza dar fastidio a nessuno, nessuno
solleva il problema.
Ci si deve disinfettare le mani ovunque, si devono indossare guanti e
mascherina, i negozianti e ristoratori sono tenuti a disinfettare
tutto ogni volta che un cliente lascia il posto a un altro.
Miliardi
di guanti e miliardi di mascherine; cominciano già a uscire le prime
immagini di spiagge invase da mascherine o dell’uccellino rimasto
strangolato dai lacci della stessa.
Il sapere comune, prima ancora della scienza, sembra in questa fase
storica andato a farsi benedire.
È sapere comune che disinfettarsi in
continuazione la pelle la danneggia, ma il buon senso non basta più,
dobbiamo sanificare tutto in continuazione, senza renderci conto che
le migliaia di tonnellate di queste sostanze da qualche parte
finiscono, con il rischio di ritrovarci tra poco un ecosistema
ulteriormente degradato da cui poi salterà fuori il prossimo virus
che, infastidito e importunato da una umanità incapace di vedere oltre
il proprio naso, si sentirà giustamente in diritto e in dovere di
segnalare la sua presenza a chi pensa di essere il padrone del pianeta
e che invece è un minuscola percentuale di tutto ciò che vive da molto
più tempo e che sopravviverà anche dopo di noi.
Dalle antiche medicine orientali, dimenticate nell’ossessione
consumista moderna, possiamo prendere l’insegnamento della centralità
della prevenzione.
Un approccio olistico, dove un ambiente sano è la
premessa fondamentale di una buona salute è completamente dimenticato:
bisogna curare il sintomo, evitare il contatto con qualsiasi agente
potenzialmente patogeno.
Non serve a niente segnalare che così facendo
creiamo generazioni malate, incapaci di sviluppare un sistema
immunitario in grado di far fronte naturalmente alla stragrande
maggioranza dei problemi di salute che ci troviamo ad affrontare nella
nostra vita.
Domina invece un’ossessione per un track record sanitario scandito da
numeri, parametri, indicatori, e conseguenti terapie per tutti i
cittadini.
E’ un approccio diverso, un approccio che invece di
investire nella prevenzione reale, creando una popolazione più sana in
un ambiente più sano, preferisce medicalizzare tutto, rendendo la vita
sempre più asettica e innaturale.
Allontanarci dalla natura ci sta
portando a catastrofi, ma le catastrofi sembrano sempre lontane, in
altri tempi e in altri luoghi, com’era per il virus fino a pochi mesi
fa.
La storia non insegna, purtroppo.
Il rilancio sta gettando le basi per
diventare un nuovo disastro ambientale, la Cina è già tornata a
livelli di inquinamento superiori al pre-virus, il mondo si accinge a
ricominciare come prima, peggio di prima, con le mani disinfettate, in
guanti di plastica.”