Carmelo Spada e Graziano Bullegas, rispettivamente delegato WWF
Italia per la Sardegna e Presidente Italia Nostra Sardegna,
intervengono con um documento sulll'annuciato abbandono del carbnone
come fonte energetica.
"L’Italia e, in particolare modo, la Sardegna
devono indirizzarsi verso la riconversione “verde” delle zone
carbonifere del Sulcis-Iglesiente grazie ai 364 milioni che, dal 2021,
saranno messi a disposizione dal nuovo Fondo europeo per la
transizione equa.
Lo stabilisce la Commissione Ue nei country report,
cioè le relazioni con cui la Commissione Europea esamina la situazione
economica e sociale degli stati membri dell’Ue. Infatti secondo i
calcoli dell’Ue, il nuovo strumento da 7,5 miliardi mobiliterà in
Italia circa 5 miliardi d’investimenti. Il Wwf e Italia Nostra della
Sardegna ritengono che specificamente la classe dirigente della
Sardegna, ora non abbia più alibi per individuare strategie
industriali ed energetiche oltre il carbone e oltre il metano che
conducano alla giusta ed equa transizione con la chiusura, la
riconversione e le bonifiche del SulcisIglesiente, a partire
dall’ultima miniera a carbone italiana, quella di Monte Sinni, che
dovrebbe essere chiusa gradualmente e riconvertita entro il 2025 che
impiega 350 tra operai e tecnici.
In questa area geografica, depressa
economicamente, spopolata e con un’alta percentuale di abitanti
anziani e una disoccupazione giovanile terribilmente alta che
raggiunge quasi il 36%, un basso reddito pro capite e una generale
bassa qualità della vita, la riconversione “verde” potrà diventare un
modello di vero riscatto per l’intera isola. La regione Sardegna,
senza indugi, dovrà presentare a Bruxelles dei piani sulla
riconversione energetica dei territori beneficiari del nuovo fondo che
metterà a disposizione le risorse provenienti dal bilancio Ue
2021-2027.
La Commissione ha identificato le aree in cui ogni Paese
dovrebbe investire le risorse del nuovo Fondo europeo per un’equa
transizione sociale combinando criteri di riduzione della quantità di
emissioni di CO2 emesse dal settore industriale attraverso
l’annullamento dell’uso delle fonti fossili quali carbone e metano,
l’azzeramento dell’impatto della transizione ambientale
sull’occupazione e la capacità economica del territorio di far fronte
alla riconversione su clima ed energia a medio e lungo termine. La
Sardegna ha dinanzi una sfida ed un’opportunità che sarebbe assurdo
non cogliere arroccandosi sulle obsolete fonti fossili quali carbone e
metano.
L’assenza di altre infrastrutture energetiche sul gas e la
necessità di chiudere le vecchie centrali a carbone può diventare una
grande opportunità trasformando l’isola in un vero e proprio
“laboratorio della decarbonizzazione per il clima e lo sviluppo
sostenibile” che, puntando sulle rinnovabili, sull’efficienza
energetica, sui trasporti sostenibili, su una rete elettrica
intelligente ed evoluta e su moderni sistemi di accumulo, spinga
l’isola verso un futuro fatto di sviluppo sostenibile e di nuova e
stabile occupazione. Inoltre la Sardegna deve privilegiare
un’industria innovativa e non energivora in considerazione del fatto
che il maggiore consumo energetico è di gran lunga quello industriale
rispetto agli altri settori.
La trasformazione del sistema economico
attuale verso quello circolare anche con la riconversione del polo
dell’alluminio primario di Portoscuso (Alcoa – Eurallumina) in quello
dell’alluminio riciclato notevolmente meno energivoro e meno
inquinante attraverso percorsi sostenuti dall’Unione Europea per la
creazione di posti di lavoro di qualità sociale e ambientale, reali e
duraturi nel tempo. Un’economia circolare unita alle bonifiche - in
forte ritardo - dei siti industriali inquinati (SIN) porterebbe la
Sardegna in una nuova e reale prospettiva di Rinascita sociale,
economica e ambientale".