Continua l’emergenza per il settore artigiano in Sardegna. Stando ai dati delle Camere
di commercio isolane – analizzati dal Centro studi della Cna Sardegna - nel secondo
trimestre dell’anno si delinea un quadro sempre più negativo. In sei mesi le nuove
iscrizioni all’albo delle imprese artigiane sono state poco più di 1.000, contro le oltre
1.200 del primo semestre 2019. Le imprese artigiane che risultano attive alla fine del
secondo trimestre 2020 sono 34.222, ovvero l’1,1% in meno rispetto al secondo trimestre
2019, un dato che rappresenta il dodicesimo calo consecutivo per il sistema dell’offerta
artigiana sarda.
“L’attuale fase di crisi economica indotta dall’emergenza sanitaria impatta su un settore
già gravato da una crisi strutturale di lunga durata – evidenziano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna
Sardegna –. Ma a preoccupare di più è quanto accadrà nel trimestre in corso: se tra
luglio e settembre non dovessero essere prese ulteriori misure di sostegno alle imprese,
specie a quelle più piccole, la flessione, ancora di entità contenuta, potrebbe diventare
ben più drammatica. E potrebbe estendersi anche alle imprese che in questa fase hanno
mostrato nel complesso una importante tenuta, come indica la dinamica registrata in
alcuni ambiti strategici di attività economica. Inspiegabilmente inattuate le misure di
sostegno varate dalla speciale commissione del Consiglio Regionale approvate
con la legge di stabilità 2018.
Urgente un progetto di rilancio e di ricostruzione
economica - che allo stato non vediamo – che innervato da politiche attive per il
lavoro e per gli investimenti diano ossigeno ai sistemi produttivi. Lo scenario particolarmente penalizzante per le imprese artigiane non è certo un caso
isolato in Italia: nel secondo trimestre dell’anno solo in Campania, Lazio e Trentino Alto-
Adige gli artigiani non hanno registrato una flessione delle relative imprese attive, ma la
Sardegna si colloca tra le regioni con un calo più importante e quasi doppio
rispetto al dato medio nazionale (-0,6%). Se poi si amplia l’arco temporale e il raffronto
viene fatto con il numero delle imprese attive alla fine del 2009, si evidenzia con
chiarezza la crisi dell’offerta regionale: in dieci anni quasi il 20% delle imprese
artigiane sarde è uscito dal mercato, una situazione altrettanto drammatica si riscontra
solo in Abruzzo.
Si ricorda che il sistema dell’artigianato regionale era cresciuto con continuità in termini
demografici fino al 2008, quando in Sardegna erano censite ben 43 mila imprese
artigiane (contro le circa 34 mila di oggi), il 28,5% del totale (una quota non distante da
quella delle regioni storiche dei distretti industriali, come Marche, Toscana o Emilia-
Romagna, dove oggi è circa il 30%). In quegli anni l’artigianato era stato uno dei motori
dell’economia della Regione, facendo della Sardegna una delle economie italiane a più
forte vocazione artigiana. Dopo la crisi, però, un tessuto imprenditoriale evidentemente
troppo fragile non ha retto l’impatto di una congiuntura economica mai tornata vivace, e
oggi gli artigiani rappresentano meno del 24% del totale delle imprese sarde. Si
tratta di un dato che certifica un macroscopico ridimensionamento del peso
dell’artigianato sull’economia dell’Isola ma che, tuttavia, lascia alla Sardegna il primato
tra le regioni del Mezzogiorno.
La crisi dell’artigianato sardo si legge nelle 3.900 imprese artigiane attive nel settore
delle costruzioni fuoriuscite dal mercato tra il 2009 e oggi (un dato che riflette la crisi
dell’edilizia micro, privata, a fronte di una recente fase espansiva delle opere pubbliche),
ma anche nel calo del 36% di quelle specializzate nell’industria del legno, e ancora
nelle oltre 1.000 imprese artigiane del settore trasporti, magazzinaggio e
comunicazioni, scomparse dal mercato negli ultimi dieci anni.
Ma c’è un altro dato a preoccupare: guardando infatti alla componente non artigiana,
dunque alle imprese più strutturate, che nel complesso hanno tenuto positivo il saldo
negli ultimi anni, quelle attive nel settore del commercio si sono ridotte di oltre 3.800
unità, di cui 2.800 nel commercio al dettaglio tra il 2009 e il secondo trimestre 2020, e
anche il dato più recente è di significativa riduzione (-3% le variazione del numero di imprese attive nel settore del commercio al dettaglio tra il secondo trimestre 2020 e il
corrispondente trimestre del 2019).
Infine, con riferimento al periodo più recente, preoccupa la flessione del 2,5%
registrata nel secondo trimestre dell’anno dalle imprese artigiane attive nel settore
della ristorazione e alberghiero, più che doppia rispetto al calo complessivo. Un
dato che ci si aspetta potrà subire un netto peggioramento nel prossimo trimestre. “In sintesi – concludono Piras e Porcu - il quadro già negativo del sistema dell’offerta
regionale potrebbe rivelarsi anche poco rappresentativo di una crisi ben più ampia
qualora gli incentivi (fiscali, di liquidità) alle imprese tardassero o stentassero ad avere
effetti, soprattutto nei confronti delle piccole realtà imprenditoriali che sono tagliate fuori
dalle altre forme di stimolo all’economia, in particolare quali quelle veicolate dagli
investimenti infrastrutturali, un settore che, come accennato, attraversa in regione una
recente fase espansiva”.
chiusura di una stagione turistica ben sottodimensionata rispetto agli anni passati.