Martedì 30 luglio presso il MISE si svolgerà un Tavolo di confronto di
carattere tecnico sulla cessazione dell’uso del carbone per la
produzione di energia elettrica – Centrali termoelettriche alimentate
a carbone ubicate nella Regione Sardegna.Carmelo Spada e Graziano
Bullegas, rispettivamente Delegato WWF Italia per la Sardegna e
Presidente Italia Nostra Sardegna, intervengono con una nota che
riportiamo di seguito.
" Opporsi alla phase out è un evidente arretramento - affermano -
contro gli interessi della salute e del clima dei cittadini sardi.
Opporsi all’attuazione dello scenario di “phase out completo”, ossia
l’uscita dalla produzione di energia elettrica dal carbone,
rappresenta un’evidente frenata verso l’innovazione e l’economia
circolare.
Infatti la produzione di energia elettrica dal carbone, il
combustibile più inquinante e una delle prime cause del riscaldamento
globale, non solo è dannoso per il percorso dell’Italia e della
Sardegna verso la piena attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima,
ma rappresenta un’evidente frenata verso l’innovazione e la necessaria
e giusta transizione della Sardegna verso politiche energetiche
compatibili con il futuro e la creazione di nuovi e duraturi posti di
lavoro.
Colpisce che mentre l’intera comunità scientifica internazionale
esorti all’azione contro i cambiamenti climatici in atto, ci sia chi
abbia l’obiettivo di bloccare il percorso italiano per l’uscita dal
carbone, prevista con la Strategia Energetica nazionale per il 2025.
Rispetto a questo scenario sarebbe logico che la Regione Sardegna
predisponesse un piano lungimirante per una giusta transizione che non
lasci nessuno indietro e che conduca alla chiusura degli impianti
inquinanti entro la scadenza decisa dalla SEN e ribadito dalla
Proposta di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima.
Opporsi, oggi, al percorso verso un sistema energetico sostenibile e
amico del clima non solo introduce un ostacolo nella transizione dalle
fonti fossili a quelle rinnovabili ma è anche contro gli interessi dei
cittadini sardi. Non esistono, infatti, ragioni tecniche che
impediscano con un così adeguato preavviso (la chiusura è prevista nel
2025) di predisporre soluzioni tecniche e che permettano di transitare
dal carbone alle rinnovabili garantendo, al contempo, il mantenimento
dei livelli occupazionali e delle garanzie sociali.
Già oggi la Sardegna è in surplus di produzione energetica visto che
consuma circa 8,4 TWh (miliardi di kWh) mentre ne produce ben 13,3
TWh: questo significa che esporta molta più energia di quanta ne
utilizzi.
La Sardegna ha dinanzi una sfida ed opportunità che sarebbe assurdo
non cogliere. L’assenza di altre infrastrutture energetiche sul gas e
la necessità di chiudere le vecchie centrali a carbone può fare
dell’isola un vero e proprio “laboratorio della decarbonizzazione per
il clima e lo sviluppo sostenibile” che, puntando sulle rinnovabili,
sull’efficienza energetica, sui trasporti sostenibili, su una rete
elettrica intelligente ed evoluta e su moderni sistemi di accumulo,
spinga l’isola verso un futuro fatto di sviluppo sostenibile e di
nuova e stabile occupazione.
La Sardegna deve battersi per un’industria innovativa e non
enerogivora in considerazione del fatto che il maggiore consumo
energetico è di gran lunga quello industriale.
La trasformazione del sistema economico attuale verso quello circolare
anche con la riconversione del polo dell’alluminio primario di
Portoscuso (Alcoa – Eurallumina) in quello dell’alluminio riciclato
notevolmente meno energivoro e meno inquinante attraverso percorsi
sostenuti dall’Unione Europea per la creazione di posti di lavoro di
qualità ambientale, reali e duraturi nel tempo. Un’economia circolare
unita alle bonifiche - in forte ritardo - dei siti industriali
inquinati (SIN) porterebbe la Sardegna - concludono WWF e Italia
Nostra - in una nuova e reale prospettiva di Rinascita sociale,
economica e ambientale ".