Nell’artigianato in Sardegna, a ogni addetto regolare corrisponde un
occupato e mezzo sconosciuto a Inps, Inail, fisco e previdenza. Ciò
comporta che oltre 23mila imprese, il 65.3% di quelle registrate nelle
Camere di Commercio, siano quotidianamente sotto attacco da parte di
“aziende fantasma”, con un tasso effettivo di lavoro non regolare che
raggiunge il 15,4%.
Sono questi i numeri del dossier “Artigianato esposto alla concorrenza
sleale del sommerso in Sardegna”, elaborato dall’Ufficio Studi di
Confartigianato Sardegna, su dati ISTAT 2017.
Costruzioni, autoriparazione, produzione di beni, somministrazione di
servizi alla persona, trasporti, alloggio, ristorazione e agricoltura
sono i settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale del
sommerso anche se nessuna professione più dirsi immune dagli attacchi
dell’irregolarità aziendale.
“Quella del lavoro nero è un’emergenza che sembra non avere fine”. A
lanciare l'allarme è il Presidente di Confartigianato Imprese
Sardegna, Antonio Matzutzi. “È una battaglia che portiamo avanti da
anni, continuando a sensibilizzare imprese e clienti – continua il
Presidente - in un Paese, e in una regione, dove l'arte di arrangiarsi
è vista con una certa benevolenza se non proprio con simpatia”.
Nella vecchia provincia di Cagliari sono ben 8.713 le imprese
artigiane maggiormente esposte alla concorrenza sleale; 8.411 operano
nel nord Sardegna, 4.156 in provincia di Nuoro e 1.942 in quella di
Oristano.
In Sardegna, il settore più colpito, come è noto, è quello delle
costruzioni dove il sommerso concorre slealmente con 13.148 aziende
artigiane (56,6% del totale delle esposte). Seguono i servizi alla
persona con 4.312 (18.6%), i trasporti e magazzinaggio con 2.589
(11,1%), l’alloggio e la ristorazione con 2.081 (9%), i servizi di
informazione e comunicazione con 528 (2,3%), l’agricoltura e la pesca
con 203 (0,9%), l’autoriparazione con 144 (0,6%), l’istruzione con 128
(0,6%), l’industria estrattiva con 49 (0,2%) e la fabbricazione di
prodotti chimici con 40 (0.2%).
Il contrasto al lavoro nero e irregolare è uno dei punti inseriti nel
Manifesto degli Artigiani, collegato al “Rating Sardegna 2019”, che il
Presidente della Regione e numerosi Consiglieri hanno sottoscritto
poche settimane fa durante la campagna elettorale. Alla Politica, le
imprese hanno, infatti, fortemente chiesto di definire un quadro
normativo chiaro e certo, per favorire il rispetto delle regole e
ridurre il fenomeno dell’abusivismo.
“Il sommerso, l’abusivismo e l’illegalità che contraddistinguono
l’economia sommersa sono piaghe che continuano a infettare il nostro
sistema produttivo e rappresentano un grave fenomeno di concorrenza
sleale – sottolinea Matzutzi – che costringono le imprese regolari a
chiudere oppure ad applicare politiche di contrasto che hanno
incrementi di costi assai pericolosi”. “La crisi ha accentuato
l'abusivismo a dismisura – continua – c’è chi fa il doppio lavoro, chi
percepisce la cassa integrazione o è in mobilità ma il fenomeno più
grave riguarda chi decide di chiudere bottega e lavorare a casa.
Parliamo di chi taglia i capelli a domicilio, a chi fa la manicure, a
chi aggiusta le auto, a chi effettua lavori di idraulica,
impiantistica, edilizia, sartoria”.
“Sempre più di frequente – rimarca
Matzutzi – gli artigiani presso i nostri uffici si lamentano,
impotenti, della concorrenza sleale di chi opera senza rispettare le
leggi sottraendo, aggiungiamo noi, gettito alle casse dello Stato e
minacciando al tempo stesso la sicurezza dei consumatori. Noi
continuiamo a rigirare le segnalazioni alle autorità che poi hanno il
compito di verificare la regolarità delle attività: questo non ci
stancheremo mai di farlo”.
“Vogliamo e dobbiamo tutelare gli artigiani regolari, quelli che sono
quotidianamente impegnati a contrastare l’illegalità che li colpisce
due volte, nel reddito e da contribuenti onesti – interviene e
conclude Stefano Mameli, Segretario Regionale - ciò che sta accadendo
nella nostra regione è molto preoccupante sia per l’economia,
continuamente danneggiata, sia per tutte le imprese e i cittadini
onesti, che pagano le tasse e rispettano le leggi”.
Secondo stime del 2015, l’economia sommersa nazionale avrebbe generato
un valore aggiunto di circa 190milirdi di euro, pari all’11,5% del
PIL, di cui ben 77 riconducibili al lavoro irregolare.
Una grave
minaccia per le imprese regolari dell'artigianato, deriva
dall'abusivismo. Sulla base degli ultimi dati disponibili sui conti
nazionali, nel 2015 sono 3milioni e 724 mila le unità di lavoro
equivalenti non regolari, occupate in prevalenza (71,2%) come
dipendenti, con 2 milioni e 651 mila unità, a cui si aggiunge 1
milione e 72 mila unità di lavoro equivalenti indipendente non
regolari (28,8%). Si conta 1 occupato indipendente non regolare ogni
5,7 indipendenti regolari. La rilevanza del fenomeno del sommerso in
Italia crea la situazione paradossale secondo cui il lavoro sommerso è
maggiore di quello della Pubblica amministrazione: nel 2015 infatti le
3.723.600 le unità di lavoro equivalenti non regolari superano
dell’11,6% (388.000 unità in più) le 3.335.600 le unità alle
dipendenze delle Amministrazioni pubbliche.
Sono diversi i meccanismi attraverso cui agisce la concorrenza sleale
del sommerso: le imprese che evadono possono mantenere prezzi più
bassi e mettono fuori mercato le imprese regolari con analoghe
funzioni di produzione; l’evasione fiscale consolida il gap tra le
aliquote fiscali pagate dalle imprese in regola e le imprese che
evadono, dato che il mancato gettito rende difficile politiche fiscali
espansive tramite la riduzione delle aliquote fiscali che
risulterebbero a vantaggio delle imprese regolari; non si amplia la
dimensione delle aziende: le imprese che evadono hanno una minore
propensione all’investimento e all’ampliamento del volume d’affari e
nel contempo spiazzano gli investimenti delle imprese che non evadono
e che non trovano redditività adeguata per l’ampliamento delle
dimensioni aziendali.