Niente più confusione negli scaffali dei panifici: d’ora in poi il
pane fresco dovrà essere rigorosamente distinto da quello conservato e
dovrà essere esposto in scomparti diversi ed appositamente riservati.
Dal prossimo 19 dicembre entrerà infatti in vigore il decreto n.
131/2018 emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico che disciplina
la denominazione di «panificio», di «pane fresco» e dell’adozione
della dicitura «pane conservato». Una norma, emanata di concerto con
il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del
Turismo e il Ministero della Salute e del Turismo e il Ministro della
Salute, che finalmente da valore al sacrificio di migliaia di
artigiani che lavorano ogni notte e ogni weekend per garantire il pane
fresco sulle nostre tavole.
La norma - che disciplina la materia dopo oltre un decennio di
trattative e incontri con Bruxelles – è rivolta specificamente ai
panifici, cioè a quelle imprese che dispongono di impianti di
produzione di pane e eventualmente altri prodotti da forno e
assimilati o affini e svolgono l'intero ciclo di produzione dalla
lavorazione delle materie prime, alla cottura finale.
Il decreto denomina «fresco» il pane preparato secondo un processo di
produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento
o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di
lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti
aventi effetto conservante. In particolare, viene ritenuto “continuo”
il processo di produzione per il quale non intercorra un intervallo di
tempo superiore alle 72 ore dall'inizio della lavorazione fino al
momento della messa in vendita del prodotto.
Viceversa il pane non
preimballato ai sensi del regolamento (UE) n. 1169/2011 - per il quale
viene utilizzato durante la preparazione o nell'arco del processo
produttivo un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi
sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa
nazionale e dell'Unione europea – deve essere messo in vendita con una
dicitura aggiuntiva che ne evidenzi il metodo di conservazione
utilizzato, nonchè le eventuali modalità di conservazione e di
consumo.
In base alla nuova normativa le due tipologie di pane devono trovare
scomparti diversi e appositamente riservati.
“Finalmente un decreto disciplina a livello nazionale questa materia”,
commenta Alessia Demurtas, titolare di uno storico panificio di
Villagrande Strisaili fondato sessant’anni fa dal padre Alfredo. “E’
un bene che il pane fresco venga finalmente distinto da quello
precotto e congelato: questo decreto valorizza il lavoro degli
artigiani che fanno una vita particolarmente dura lavorando ogni notte
compresi i fine settimana per produrre il pane fresco”.
Eppure,
secondo la Demurtas, che rappresenta la Cna Alimentare nel Tavolo del
pane istituito con la legge 4 del 2016, il decreto – per quanto molto
atteso - non è sufficiente. “E’ necessaria una norma un più ampia che
combatta l’abusivismo, una piaga sociale che oltre a comprensibili
problemi di ordine igienico-sanitario per i consumatori genera delle
grandi storture anche dal punto di vista fiscale ed economico”.
Tale norma generale, precisa comunque la responsabile CNA Alimentare
Sardegna Maria Antonietta Dessi, è attualmente già in discussione al
Senato e dovrebbe in futuro disciplinare con maggiore precisione tutto
il settore della panificazione. “Speriamo che in futuro il decreto 131
venga completamente assorbito da quella norma e che non si creino
degli equivoci dal punto di vista normativo che possano disorientare i
produttori – spiega Maria Antonietta Dessì -. In ogni caso accogliamo
di buon grado questo decreto che vede la luce dopo dodici anni di
travaglio e disciplina finalmente uno dei prodotti che fa parte della
dieta mediterranea e che, nonostante i consumi siano calati molto
negli ultimi anni, è ancora il fulcro delle nostre tavole”.