MARIA LAI: è finito il tempo della madre

Il ricordo di Neria De Giovanni

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Anni fa pubblicai un libro “Il viaggio del muflone” sulla poesia sarda del novecento, sostenendo che in Sardegna la vena poetica è radicata come il suo granito. Il libro scatenò una certa polemica perché ritenevo che per essere considerati artisti sardi non bisogna essere necessariamente nati in Sardegna: valga per tutti l’esempio di Andrea Parodi che è stato la voce dell’Isola pur essendo ligure. Inoltre sono convinta che si può raccontare la Sardegna anche senza usarne la limba, come dimostra Grazia Deledda che ha scritto in italiano i suoi racconti sardi. Così penso che l’identità linguistica sia una conquista che può essere acquisita non soltanto per nascita ma anche per cultura ed affezione, E’ quello che è successo a Maria Lai nata a Monti, in Gallura, vissuta i primi anni dell’infanzia in Toscana e soltanto da adulta arrivata ad Alghero e qui ha appreso la lingua catalano-algherese così intimamente da farne la sua espressione poetica. Nel maggio 2005 ho incontrato Maria durante una serata culturale, a pochi mesi dall’uscita del suo libro “La mia mar” nella prestigiosa collana “La Biblioteca di Babele” diretta da Nicola Tanda per le Edizioni EDES. Mi ha offerto il volume con una affettuosa dedica: Per ricordo, cara Neria, ecco “La mia mar”, il mare della mia vita, con stima Maria Chessa Lai. Sì, perché Maria Lai non dimenticava di aggiungere a quello di nascita, anche il cognome del marito da cui ebbe una famiglia numerosa, di cinque figli, sempre presente nel suo cuore e nei suoi versi. Nella silloge La mia mar, coronamento di una “carriera” poetica che vanta il Premio Ozieri e il Premio Rafael Sari tra i tanti riconoscimenti, sono racchiuse le sue liriche migliori, proposte in catalano-algherese con il testo italiano a fronte. I temi sono quelli di una donna che ha vissuto intensamente nella propria città: certamente il mare del titolo, con il suo maestrale, i gabbiani, le lampare e la salsedine sulla pelle, ma anche le persone semplici che animano le strade cittadine, la vita quotidiana di chi è stata maestra, anzi “la maestra”, il cui volto educativo è restato e resterà impresso per tutta la vita nel cuore dei molti alunni. E ovviamente è riconoscibilissimo il tema degli affetti familiari. Così “Il tempo della madre” è una poesia dedicata “ad Annuscia, mia nuora”, con versi che sembrano profetici, poiché parlano del tempo della madre che finisce e raggiunge il figlio senza più lasciarlo: “L'anima di una madre /prima che spiri/ il vento della morte/ trasmigra/ innanzi il tempo/ in forma nuova/ appena in cuore sente/ il primo pianto/ l'anelito del figlio”. Ciao, Maria! Grazie per le tue poesie dove continuerai a vivere… Il tempo della madre a Annuscia, mia nuora. Quando verrà il giorno/ di lasciar questo mondo /ogni anima trasmigra di creatura in creatura /per meritare il tempo della gloria. Queste eran voci/ d'un tempo lontano /spirito di fantasia /favola bella /umana brama d'immortalità. L'anima di una madre/ prima che spiri /il vento della morte /trasmigra /innanzi tempo/ in forma nuova/ appena in cuore sente /il primo pianto /l'anelito del figlio. Vola il suo tempo/ sulle ali del destino /e lo posa/ ai piedi del figlio. La madre/ mai più /riavrà il suo tempo. Nell'isola, prima a Tempio e poi ad Alghero, da cui non si separerà mai, nel cuore, la lingua e l'anima. Nella città catalana della Sardegna inizia ad insegnare nell'"escola vella" del Sacro Cuore, formando generazioni di studenti. Si sposa e ha cinque figli; il primo è Pasquale, scrittore e giornalista di Epoca, Espresso e Panorama.