Gli studenti sardi sanno poco, anzi pochissimo, del fenomeno
migratorio e della presenza dei cittadini stranieri nelle strutture di
accoglienza dell’isola. Sono vittime degli stereotipi spesso imposti
da una parte dei media che usa un linguaggio che esaspera la
percezione che i cittadini hanno della presenza degli immigrati in
Sardegna e in Italia. Stereotipi che dipendono dai contesti culturali,
dall’isolamento, specie dei piccoli centri, e anche dalle scarse
sollecitazioni che provengono dalla scuola e dalla famiglia.
Molti giovani ammettono di non aver mai avuto a che fare con un
immigrato, di non aver neppure parlato o magari condiviso un’attività,
come può essere quella sportiva. La paura, quando c’è, deriva dalla
scarsa conoscenza di un fenomeno che sembra relegato solo alle
immagini televisive. Eppure, in quasi la totalità degli studenti sardi
c’è la consapevolezza che dall’Africa arrivano ragazzi e ragazze che
hanno sogni, desideri e aspettative simili alle loro. Il fatto
positivo è proprio questo: non c’è razzismo o intolleranza verso i
cittadini stranieri, molti dei quali scappano da situazioni di disagio
estremo: povertà, guerra, persecuzioni di natura religiosa o politica.
È quanto emerge dal questionario che l’Associazione Socialmed ha
somministrato, nell’arco di quasi 10 mesi, a circa 500 studenti delle
classi 4° e 5° delle scuole secondarie nell’ambito del progetto
“MigraRE: Sardegna chiama Africa”, che ha ricevuto un contributo della
Fondazione di Sardegna.
“Ai ragazzi – afferma il presidente di Socialmed, il giornalista
Alessandro Aramu – interessano poco le questioni sull’accoglienza
astratta che spesso trovano spazio sui media per questioni meramente
politiche o di parte. I ragazzi si trovano di fronte a un qualcosa che
ignorano perché non hanno gli strumenti per comprendere un fenomeno
tanto grande quanto piccolo, perché spesso il ragazzo che arriva
dall’Africa vive in una struttura del proprio paese e lo si vede
soltanto da lontano perché non sempre si ha la possibilità di
interagire con lui. La paura, quando esiste, è data dalla scarsa
conoscenza del fenomeno, da stereotipi imposti dai media, dai luoghi
comuni e da una serie di false informazioni che fanno credere che in
Italia, ad esempio, ci sia una vera e propria invasione di stranieri.
Per non parlare delle fake news colossali del tipo: “Gli immigrati ci
portano via il lavoro” o ancora “Gli stranieri ci portano un sacco di
malattie”. I ragazzi, poi, non conoscono neppure il numero dei
cittadini stranieri presenti nell’isola o la loro provenienza”.
Nei laboratori realizzati nelle scuole della Sardegna – ha concluso
Aramu- il dato positivo è rappresentato dall’assenza di fenomeni di
razzismo e di qualsiasi forma di intolleranza. C’è molta curiosità,
spesso frenata da una diffidenza di natura culturale, sebbene i social
abbiamo oramai abbattuto tra i giovani barriere geografiche e
sociali”.
Della durata di tre anni, il progetto MigraRE ha terminato la sua
prima annualità nel corso della quale sono state realizzate le
seguenti attività:
- Incontri con gli studenti delle scuole secondarie della
Sardegna: coinvolgimento dei ragazzi delle classi 4° e 5° delle scuole
secondarie in un percorso di sensibilizzazione;
- Realizzazione di un’indagine conoscitiva circa le loro
conoscenze sui temi dell’immigrazione e dell’integrazione;
- Organizzazione di giornate formative di educazione al
rispetto dell’altro e ai valori dell’accoglienza rivolte agli studenti
delle scuole secondarie della Sardegna.