l convegno “La Misura del Tempo” ha riservato anche quest’anno
sorprese e spunti di riflessione in campo archeoastronomico per alcuni
importanti complessi megalitici dell’isola. Se il sito di Romanzesu a
Bitti sembra aver custodito per millenni i segreti di allineamenti
solstiziali, dall’area cultuale di Paule s’Ittiri, in agro di
Torralba, sembrerebbero provenire importanti elementi per la
costituzione di un vero e proprio calendario stellare dell’epoca
nuragica.
L’indagine effettuata dal Circolo Aristeo e dalla Società Astronomica
Turritana sulle strutture cultuali di “Romanzesu”, ha evidenziato come
gli edifici, nel loro reciproco posizionamento delimitino figure
geometriche ben definite legandole agli orientamenti astronomici.
Come ampiamente illustrato nel corso del convegno, l’indagine svolta
intorno al complesso archeologico di Romanzesu da Michele Forteleoni e
Simonetta Castia ha mostrato come i tre templi a megaron A, B e C
siano perfettamente posizionati per formare un triangolo isoscele, con
i templi A e B al meridiano in direzione Nord-Sud. Ma è il legame tra
i templi e il vicino recinto cerimoniale a destare il maggior
interesse archeoastronomico: dall’ingresso del tempio C (il cosiddetto
Heroon) è possibile osservare, il giorno del solstizio estivo, la
levata del Sole dietro il tempio B e dietro il recinto cerimoniale il
giorno del solstizio invernale; viceversa si osserverà dietro il
tempio C il tramonto del Sole a solstizi invertiti.
Le analisi effettuate con l’utilizzo di GPS e Stazione Totale hanno
consentito di restituire una planimetria generale del sito più
accurata, mostrando quanto lo studio sulla carta sia inopportuno in
assenza di una georeferenziazione precisa.
Ma le sorprese non sono finite. Un’altra indagine della SAT ha
consentito di ricavare interessanti elementi per la codificazione di
un calendario stellare di epoca nuragica, attraverso lo studio del
sito di Paule s’Ittiri, già indagato lo scorso anno per gli
allineamenti degli ingressi delle strutture di carattere cultuale.
Quest’anno la domanda è stata rivolta al “cosa vedessero gli antichi
alle spalle dei monumenti”.
Le ricerche hanno mostrato che dietro di essi tramontano Arturo, Vega
e Capella, le tre stelle più luminose nel nostro emisfero celeste.
Calcolando i momenti in cui esse sono visibili all’orizzonte prima
dell’alba e dopo il tramonto del Sole è possibile individuare date
utili per un calendario legato alle attività agricole.
Dallo studio degli “Aspetti metrici e geometrici del complesso di
Gremanu a Fonni” condotto dagli studiosi Flavio Carnevale e Marzia
Monaco dell’Università “La Sapienza” di Roma (che hanno lavorato in
équipe con Aristeo e la SAT), sono state messe in luce diverse unità
di misura assimilabili al cubito, l’esistenza di cantieri di
costruzione che utilizzavano multipli costruttivi differenti.
Alberto Scuderi e Ferinando Maurici del Gruppo Archeologi D’Italia e
della Soprintendenza del Mare della Sicilia, hanno illustrato il
contesto monumentale della valle dei menhir di Cerami (in provincia di
Enna), proponendo una comparazione con aree simili presenti in
Sardegna.
Di una comparazione tra i calendari agricoli nell’antichità si è
occupato anche Elio Antonello dell’Osservatorio Astronomico di Brera-
Inaf, attraverso gli scritti di autori classici come Catone il censore
e Varrone, la cui lettura e analisi, pure svolta con cautela e
ponderatezza, rende evidente che i solstizi e gli equinozi dovevano
essere un riferimento usato fin dalla preistoria.
Una critica alla metodologia delle visite didattiche “usa e getta”,
comuni nel turismo culturale, è stata rivolta da Nicoletta Lanciano
dell’Università “La Sapienza” di Roma.
La studiosa ha indicato
l’importanza di educare a osservare, a guardare con curiosità. E
quindi a inseguire tracce perdute, nascoste o evidenti legate ai
monumenti o al passaggio di personaggi importanti, spingendo il
fruitore della comunicazione a riconoscerle e interrogarsi verso
questo tipo di informazioni.
Molto sofisticato e apprezzato l’intervento di Marcello Ranieri
dell’Università “La Sapienza”, sugli schemi armonici pitagorici
desumibili dalla tavoletta babilonese di diorite nera, dalla quale si
evince come la conoscenza delle terne pitagoriche o quasi pitagoriche,
negli antichi, permettesse di realizzare rettangoli perfetti o quasi
anche nei piccoli oggetti, senza calcolare quadrati ed estrarre radici
quadrate.
Interessanti sviluppi sull’evoluzione degli edifici a pianta
rettangolare del Bronzo medio in Sardegna sono stati presentati
dall’archeologa Valentina Leonelli, grazie anche alla recente scoperta
in provincia di Sassari di un monumento che apparirebbe antesignano
del tempio a megaron.
È stato ipotizzato che questa tipologia di
templi sia nata come magazzino (in qualche modo connesso al sacro in
quando bene prezioso per la comunità), per diventare in seguito un
deposito di culto e quindi tempio votivo che trova la massima
rappresentazione nel bronzo finale attraverso il deposito di oggetti
di culto.
La lunga storia di scavi sul sito di Abini, nel comune di Teti, è
stata illustra da Claudio Bua dell’Università degli Studi di Sassari.
Una storia fatta di dei, demoni e tesori, che a partire dal 2013 ha
restituito nuove scoperte, quando l’ateneo sassarese ha ripreso i
lavori di scavo con la docente Anna Depalmas. Nonostante la
compromissione del sito, sono stati rinvenuti nuovamente pugnali e
altri materiali in bronzo, olle, ciotole carenate, scodelle ed
elementi in pasta vitrea, ed è ipotizzabile che vi fosse presente una
struttura a doppio spiovente, simile a quella di Su Tempiesu.
Per la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle
province di Sassari e Nuoro, Nadia Canu e Michela Migaleddu hanno
presentato i risultati degli scavi e delle ricerche condotti nella
“Necropoli di Murrone”, illustrando nel dettaglio le ricerche sul
campo. In particolare, si è compreso che il sistema di “canalette”
presente in superficie servisse a delimitare la perimetrazione degli
ambienti presenti al di sotto, quasi a creare una connessione, assieme
ad altre strutture sopraelevate, con le aree degli ipogei.
La giornata di studio si è conclusa con alcuni spunti di riflessione e
prospettive di ricerca sui “Nuragici tra continuità e trasformazione”,
in cui l’archeologa Gianfranca Salis della Soprintendenza Archeologia
di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna, ha elencato due
sostanziali linee di indirizzo: da un lato l’incontro e
l’acculturazione con altre civiltà di approdo, come quella dei fenici;
dall’altro lo scontro e l’opposizione culturale ben evidenziata da
Lilliu nella teoria della costante resistenziale. Il bilancio
dell’iniziativa è stato senz’altro positivo, offrendo lo spunto e
l’occasione per il consolidamento di future collaborazioni.