Mancano i fondi: chiudono gli sportelli linguistici - Regione matrigna con gli operatori culturali

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  L’appello corale ai vertici della Regione forse non basta più e, a distanza di circa due mesi dalla lettera aperta dei cento sindaci al presidente Christian Solinas, ora il Colcs fa la voce grossa, promettendo azioni di protesta e di lotta presso il Palazzo Regionale se non verranno messe a disposizione le risorse sufficienti a salvare buona parte degli sportelli linguistici comunali e sovracomunali, rimasti esclusi dopo tanti anni di impegno, dedizione e competenze maturate. Il Coordinamentu Operadores de Limba e Cultura Sarda, rappresentato da Daniela Masia, chiede con forza di integrare le risorse per gli sportelli ai quali è stato negato il finanziamento, a causa di carenza di fondi, dai contributi finanziari del 2021. 

  Si parla di almeno un milione e mezzo di euro che, nel complesso del bilancio regionale, paiono ben poca cosa, ma senza i quali si rischia di mandare a casa professionalità che a questo lavoro hanno dedicato anni della propria vita. L’integrazione richiesta alla RAS, è relativa al finanziamento sui fondi della 482 del 99 e della Legge regionale 22 del 2019. “Senza le attività degli sportelli linguistici – affermano gli operatori – la vocazione stessa della 482 viene a mancare”. Al momento, sono state tagliate fuori numerose aree che storicamente svolgono importanti attività di promozione e valorizzazione linguistica, nonostante abbiano presentato progetti ritenuti validi e ammissibili. Zone come il Logudoro e il Meilogu, il Terralbese e l’Unione dei Comuni dei Fenici, il Parteolla e il Basso Campidano, per arrivare alla Comunità Montana del Nuorese Gennargentu Supramonte Barbagia passando per l’Unione Comuni del Montalbo, il Marghine e il Goceano. 

  Come ha specificato Masia, il lavoro svolto nella maggior parte di questi territori ha trovato la sua efficacia grazie al suo carattere non occasionale, ma permanente. La cessazione delle attività di sportello, oltre a essere avvertita negativamente dalle comunità interessate, metterebbe a rischio molti posti di lavoro, e con essi il patrimonio di competenze, di professionalità e valorizzazione linguistica che gli operatori svolgono con profonda responsabilità.