Nessuna modifica dell'orario di lavoro senza il consenso del
lavoratore: questo il prezioso e importante punto a favore mandato a
referto dalle lavoratrici in forza alle società appaltatrici delle
attività di pulizia e sanificazione presso l'ospedale S. S. Annunziata
nel corso di un lungo ed estenuante braccio di ferro fra le dipendenti
e i rispettivi datori di lavoro.
Una situazione logorante che va avanti ormai da mesi e che sembra
essere arrivata ad una svolta grazie al ricorso avanzato dall'avvocato
Giovanni Campus e sostenuto con ferma convinzione dalla segreteria
territoriale UilTrasporti. Ricorso che ha portato al riconoscimento
dell'illegittimità della variazione dell'orario lavorativo e della
collocazione oraria del suo svolgersi durante la giornata “in quanto -
come recita la sentenza - risulta essere illegittimo è pericoloso
perché compromette il difficile equilibrio tra impegni personali
familiari e lavorativi”.
Nello specifico è giusto ricordare che la
lavoratrice ricorrente beneficia dei permessi concessi dalla legge 104
per l'assistenza a un familiare.
Il segretario UilTrasporti Antonio Sias sottolinea la grande
importanza legata al riconoscimento del sopra citato principio: «Sin
dall'avvio delle attività lavorative sosteniamo che le variazioni di
orario e quelle ricollegabili alle rotazioni di turni e riposi devono
tenere conto delle esigenze documentate dal personale e sopratutto -
trattandosi in tutti i casi di lavoratori impegnati in attività
part-time - devono dare alle persone la possibilità di poter integrare
il reddito svolgendo altre attività, senza comunque limitare con orari
spezzati di lavoro la personale libertà di adempiere a impegni di
assistenza familiare e altro».
A distanza di circa due anni dallo start del nuovo appalto presso
l'ospedale S. S. Annunziata la UILtrasporti non ha ancora sottoscritto
nessuna proposta di variazione degli orari di lavoro e dei conseguenti
periodi di riposo proprio perché il sindacato ritiene che tali accordi
siano fortemente lesivi e penalizzanti per i lavoratori.
«La distribuzione dell'orario settimanale su sei e non più su cinque
giorni come era inizialmente fa sì che, a parità di orario, la
lavoratrice sia costretta a recarsi un giorno in più sul posto di
lavoro con notevole aggravio di tempo e di costi – chiude Antonio Sias
-. In opposizione a tale criticità, al contempo, si registra un grande
beneficio per i datori di lavoro: questo per noi è inaccettabile e lo
è ancor meno quando si parla di stipendi che superano di poco i 500
euro mensili e di persone che vivono situazioni di particolare
disagio».