Il miglioramento genetico come strumento di crescita economica delle
aziende zootecniche della Sardegna è stato il tema che ha animato un
seminario, organizzato da Confagricoltura Sardegna, nell’aula magna
dell’Istituto di Istruzione superiore Duca degli Abruzzi di Elmas.
Numerosi relatori tra studiosi e portatori di interesse hanno parlato
a una platea gremita di allevatori, studenti e agronomi. Ad aprire e
chiudere i lavori, coordinati dal direttore di Confagricoltura
Sardegna, Maurizio Onorato, il presidente dell’associazione regionale
di categoria, Luca Sanna.
. “Abbiamo gli strumenti scientifici, le menti, gli allevatori e il
bestiame per fare bene, ma è stato interrotto il lavoro di decenni
sotto il profilo del miglioramento genetico. I bilanci delle aziende
agricole hanno bisogno di tale processo e di animali che possano dare
produzioni di altissima qualità, che vivano a lungo, resistano alle
malattie e affrontino stagioni produttive capaci di assicurare
profitto a chi li alleva e progenie che perpetuino questa tendenza:
che noi vogliamo coltivare e incrementare”. Lo ha detto Luca Sanna che
ha aggiunto:
“Da quando nei primi anni 2000 si è manifestata in
Sardegna la Blue Tongue, abbiamo perso oltre un milione di capi ovini.
Gli imprenditori zootecnici si sono dovuti arrangiare, anche a causa
della scomparsa delle attività delle associazioni degli allevatori. Il
miglioramento genetico degli animali, secondo diversi studi
scientifici, ha portato negli anni a una riduzione dell’impatto
ambientale, contrariamente a quanto sostiene qualcuno. Con i nostri
strumenti politico-sindacali – ha proseguito – dobbiamo pressare le
istituzioni e le associazioni degli allevatori affinché riprendano al
più presto il lavoro dal punto in cui si è interrotto. C’è chi importa
altre razze, che inquinano il nostro patrimonio genetico con il
rischio dell’arrivo di nuove malattie. La pecora sarda, per esempio,
era la regina nelle produzioni di latte, oggi ci sono razze spagnole e
francesi che ci stanno superando. Il mondo dell’agricoltura purtroppo
non è più il settore economico trainante dell’Isola: lo dicono i dati.
Dobbiamo invertire questo trend per riconquistare quote di mercato
importanti per lo sviluppo di tutta la Sardegna. Peccato – ha concluso
Sanna – che all’iniziativa di oggi sia mancato completamente
l’interlocutore politico invitato a partecipare”.
“Il miglioramento genetico è la via più efficace per costruire una
zootecnica sostenibile nel futuro”, ha sottolineato Giuseppe Pulina
dell’Università di Sassari. “In Sardegna abbiamo una riserva genetica
molto importante che va conservata e valorizzata, sia nel settore
ovino sia in quelli bovino e caprino. Nell’Isola abbiamo vacche da
latte all’avanguardia e pecore da latte che, purtroppo, sono in
retroguardia”.
dell’Università di Sassari, ha illustrato il panorama nazionale e
internazionale dal passaggio dalla genetica alla genomica nelle specie
di interesse zootecnico. “A livello mondiale – ha ricordato – il
settore bovino è anni luce più avanti rispetto all’ovino, per motivi
legati ai diversi investimenti economici. Tuttavia, il nostro Ateneo
sta portando avanti uno studio sulla tracciabilità della provenienza
dei prodotti attraverso gli strumenti della genomica. Un metodo che
consente di comprendere in maniera inequivocabile se un agnello
proviene dall’estero oppure se è realmente di razza pura. Non basta,
infatti, un esame a vista: occorre un metodo scientifico”.
Del passaggio dalla genetica alla genomica, visto come un nuovo
strumento per la selezione degli ovini da latte, ha parlato anche Sara
Casu dell’Agenzia regionale Agris Sardegna, che ha illustrato le
possibilità applicative offerte dai nuovi strumenti della genetica
molecolare nel miglioramento genetico degli ovini da latte. “Agris –
ha detto Casu – sta puntando molto su una strategia di implementazione
della selezione genomica. A differenza di quanto avviene in Francia,
dove sono applicati schemi di selezione genomica simili ai bovini, in
Italia sembra opportuno implementare schemi basati su popolazioni di
riferimento femminili. La Spagna, invece, ha fatto scelte differenti:
non sempre punta sulla selezione della razza locale in purezza”.
. “La riforma della riproduzione animale – ha detto Daniele Mezzogori
dell’Ufficio Economico di Confagricoltura – introdotta con il Decreto
ministeriale emanato l’anno scorso, ha modificato sensibilmente tutto
il comparto. Prevede innanzitutto il principio della terzietà tra le
associazioni degli allevatori e coloro che sono deputati alla raccolta
dei dati funzionali degli allevamenti. Poi vi è la liberalizzazione
del mercato dei servizi. Infine le nuove modalità di partecipazione
degli allevatori nei piani genetici di sviluppo in ambito nazionale.
Tutto ciò dovrebbe consentire una riproduzione più efficiente e
funzionale”.
“Il miglioramento genetico operato in questi ultimi decenni sugli
ovini allevati in Sardegna ha creato, insieme ai mutamenti di gestione
delle aziende primarie, focalizzate quasi esclusivamente verso
l’incremento delle quantità di latte, una perdita di materia secca
utile caseificabile e quindi un decremento delle rese casearie”. Così
Gavino Nieddu, direttore industriale della CAO Formaggi, che ha
aggiunto: “Nel momento in cui non si è valorizzata la qualità, con
griglie adeguate nelle retribuzioni, gli allevatori hanno puntato solo
sul versante della quantità di latte prodotta. In altri paesi, come la
Spagna o la Francia, il prezzo del latte pagato al produttore primario
si basa fondamentalmente sulla quantità di materia utile
caseificabile. I parametri di analisi su cellule somatiche e carica
batterica infatti sono sempre più spesso meno considerati in quanto
dati per scontati per il rispetto delle normative igienico sanitarie”.