Il Tribunale di Cagliari, con un’ordinanza depositata nei giorni
scorsi, ha dichiarato la legittimità dello slaccio di un’utenza
relativa a un cliente di un paese della Trexenta che aveva accumulato
un debito di oltre 5mila euro per consumi elevati non pagati per anni.
Lo stesso cliente non aveva contestato consumi e importi regolarmente
fatturati da Abbanoa, ma si era rivolto in Tribunale per ottenere il
riallaccio della propria utenza cercando di far leva sul fatto che
avesse un reddito basso. In via cautelare, il Tribunale aveva
acconsentito la riattivazione del servizio con un provvedimento
sospensivo “inaudita altera parte”, senza il contradditorio con la
controparte e cioè Abbanoa. Quando si è entrati nel merito della
vicenda, il quadro emerso dagli atti presentati dal legale di Abbanoa,
l’avvocato Simone Collu, è emersa la realtà dei fatti.
Il cliente si era appellato alle “Procedure per il contenimento della
morosità nel Servizio idrico integrato” elaborate dell’Autorità per
l’energia elettrica, gas e servizi idrici (Aeegsi) che prevedono per i
clienti in condizioni di disagio economico (Isee inferiore a €
8.107,50) il cosiddetto bonus idrico “per il tramite del quale”, viene
spiegato nell’ordinanza del Tribunale, “il cittadino può beneficiare
di uno sconto in bolletta pari al costo di 18,25 metri cubi annui, che
rappresentano proprio quei 50 litri giorno che costituiscono il
quantitativo minimo vitale”. Il cliente, però, non solo non aveva
fatto richiesta del bonus al proprio Comune, ma aveva maturato un
debito per consumi nettamente superiori ai 50 litri giornalieri: in
certi periodi i consumi erano di quasi 2000 litri giornalieri.
“Il sistema, rettamente interpretato” spiega il giudice
nell’ordinanza, “non garantisce un indiscriminato diritto alla
fornitura di 50 litri al giorno di acqua, bensì garantisce che,
nell’ambito di un rapporto contrattuale regolarmente instaurato e solo
a seguito dell’ammissione del cittadino – secondo la procedura
stabilità dall’Autorità – alla possibilità di fruire del bonus
sociale, tale quantitativo minimo vitale sia fornito in assenza di
corrispettivo, essendo quest’ultimo dovuto unicamente per i consumi
ulteriori rispetto a tale minimo vitale". Per questi motivi il giudice
ha revocato il provvedimento “inaudita altera parte” che vietava lo
slaccio.