Futuro incerto per la cura della talassemia

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  Un modello efficiente e vincente di assistenza alla talassemia, che insieme alle terapie garantisce sopravvivenza e qualità di vita a circa 7.000 pazienti italiani, è messo a rischio dalla contrazione delle risorse e dalla disgregazione delle professionalità impegnate nei Centri esperti, gli unici in grado di assicurare la continuità delle cure per la malattia e le sue complicanze. A lanciare l’allarme, a ridosso della Giornata Mondiale della Talassemia che si celebra l’8 maggio, sono le Associazioni dei pazienti federate in UNITED (Unione Associazioni per le Anemie Rare la Talassemia e la Drepanocitosi) che insieme a SITE (Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie) hanno promosso la prima indagine mai realizzata in Italia sul “carico” complessivo della malattia talassemica: l’indagine “Il valore per la persona con Beta Talassemia Major”, curata dalla Fondazione ISTUD e realizzata con il contributo non condizionato di Novartis, ha coinvolto in modo parallelo i pazienti talassemici e i loro medici curanti per rilevare criticità, bisogni e aspettative legate al processo di cura. Dai questionari, integrati da brevi narrazioni autobiografiche dedicate ai vissuti emozionali, emerge come oggi la talassemia, per quanto resti una malattia cronica e con un percorso terapeutico impattante sulla quotidianità, si può vivere con un’attesa di vita più duratura e soprattutto di qualità: le persone con talassemia “pensano positivo”, lavorano, mettono su famiglia, traguardo impensabile fino a pochi anni fa. Ma pazienti e medici condividono la preoccupazione per il possibile venir meno dei Centri esperti, legato anche al mancato ricambio generazionale di professionisti formati ad hoc per queste patologie. «I pazienti talassemici italiani sono abituati a un’assistenza integrata e a una gestione delle complicanze considerate all’avanguardia dalla comunità scientifica internazionale. E grazie alla maggiore efficacia e maneggevolezza delle terapie oggi beneficiamo di un costante miglioramento della qualità di vita» afferma Marco Bianchi, Presidente UNITED. «Ma le criticità organizzative, il taglio del personale, i carichi di lavoro sempre maggiori per i medici potrebbero determinare la progressiva disgregazione dei Centri di riferimento che vanno invece salvaguardati a tutela dei pazienti e per difendere l’esperienza accumulata dai professionisti che operano con dedizione all’interno delle strutture». Nei circa 30 Centri di cura italiani i pazienti compiono l’intero percorso diagnostico-terapeutico dalle trasfusioni fino alla gestione delle eventuali gravi complicanze come la cardiopatia, le endocrinopatie, l’epatopatia. Spesso però sono seguiti da un unico medico che nello spazio di una stessa mattinata deve occuparsi di più attività con tempi di attesa considerati inaccettabili e scarsamente rispettosi delle necessità delle persone. «La terapia richiede un approccio multidisciplinare e solo i Centri possono catalizzare diversi specialisti con le competenze necessarie per affrontare la complessità di questi pazienti e le varie complicanze della malattia. È scientificamente evidenziato come la prognosi della patologia cambi drammaticamente in peggio se non si è seguiti presso centri specialistici – afferma Gian Luca Forni, Presidente SITE – oggi purtroppo la rete organizzativa creata negli Anni ’60 che ha portato al raggiungimento di obiettivi che hanno pochi riscontri nel campo sanitario sta andando incontro a un processo di disgregazione: il mantenimento di questo sistema non comporta un aggravio delle spese, mentre smantellarlo significherebbe senza dubbio aumento dei costi sociali e per il Servizio Sanitario Nazionale». Ma a fronte dei timori per il futuro, oggi le persone con talassemia interpellate per la ricerca hanno un vissuto improntato a serenità, fiducia e apertura al futuro.

   Otre il 90% dei pazienti dichiara di avere una qualità di vita soddisfacente. I pazienti, meno condizionati dalle esigenze di cura dopo l’avvento delle terapie ferrochelanti orali, lavorano, sono attivi, coltivano hobbies e interessi. Elemento centrale della qualità di vita dei pazienti sono le relazioni di cura con il medico, talmente assidue negli anni da trasformarsi quasi in rapporto parentale o amicale: il 92% delle persone interpellate rivela di sentirsi ascoltato dai medici e dagli altri professionisti sanitari. Anche per il medico il principale valore è rappresentato dalla relazione con il paziente, fonte di soddisfazione e di gratificazione che scaturisce da un’assistenza basata su impegno e dedizione. «Parte dei medici interpellati, a proposito delle criticità percepite presso i Centri di riferimento, parla di ritmi di lavoro stressanti, difficoltà a dedicare al paziente il tempo ritenuto opportuno, rischio percepito di riduzione della qualità delle prestazioni e delle aspettative professionali, auspicio di maggior riconoscimento da parte delle dirigenze – afferma Paola Chesi, Ricercatrice Area Sanità e Salute della Fondazione ISTUD – ma, a dispetto delle difficoltà, la motivazione professionale rimane forte e il valore più importante che emerge dal vissuto dei medici è proprio la relazione con i pazienti, anche se si avvertono segnali di stanchezza, esaurimento e tensione». Oltre agli aspetti emozionali, dalla ricerca emerge anche il carico effettivo di malattia, ovvero l’insieme dei costi diretti e indiretti che i pazienti devono sostenere. Secondo la ricerca il carico più grande è riferito alle condizioni lavorative: per il 50% del campione, la gestione delle terapie comporta assenze periodiche sempre più difficili da richiedere con conseguente riduzione delle proprie ambizioni professionali. I costi diretti, rappresentati dalle spese di trasferimento verso i Centri di cura e da spese extra per la gestione delle complicanze (visite specialistiche e acquisto di farmaci non rimborsabili) si fanno sentire anche se il 56% delle persone con Beta Talassemia Major è supportato dalla Legge 104, punto di forza del welfare nazionale. «Novartis ha supportato il progetto perché da oltre cinquant’anni è presente nell’ambito della talassemia, impegnandosi sia nello sviluppo, nella produzione e nella commercializzazione di terapie ferrochelanti sempre più innovative, sia con attività educazionali per gli operatori sanitari del settore e soprattutto con il dialogo costante e il lavoro congiunto con le associazioni pazienti. Da questo punto di vista l’indagine ‘Il valore per la persona con Beta Talassemia Major’ rappresenta una tappa fondamentale nella conoscenza dei bisogni e delle attese dei pazienti e degli operatori sanitari, la cui comprensione deve essere alla base della nostra attività» – ha commentato Luigi Boano, General Manager di Novartis Oncology Italia. Le emoglobinopatie sono un gruppo eterogeneo di anemie di tipo ereditario causate da alterazioni della produzione qualitativa o quantitativa dell’emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi che veicola l’ossigeno in tutto l’organismo. In particolare, la talassemia è caratterizzata da deficit o dall’assenza totale della sintesi delle catene della beta-globina. I pazienti italiani si concentrano soprattutto in Sardegna, in Sicilia, nel Delta del Po, ma i vecchi e nuovi flussi migratori li hanno distribuiti uniformemente anche in zone come il Nord-Est del Paese che prima ne era preservato. Decisive, per la sopravvivenza dei pazienti, le terapie ferrochelanti utilizzate per rimuovere il ferro che si accumula nel sangue e negli organi in seguito alle trasfusioni. I farmaci chelanti orali hanno aumentato l’aderenza alla terapia e ridotto l’impatto delle complicanze, assicurando importanti miglioramenti in termini di prognosi, aspettativa e qualità di vita. Risultati che saranno a rischio se i Centri esperti nella cura della talassemia e delle emoglobinopatie non venissero preservati e potenziarti nelle loro risorse.