Sta per aumentare il già pesante inquinamento a Portoscuso e nelle aree vicine.
Per capirci, quello che – fra le tante disgrazie – impone ai bambini
l’invasiva presenza di piombo nel sangue e li consegna a progressivi
deficit cognitivi e quello che consiglia di non consumare alimenti
prodotti in sede locale.
E questo avverrà con l’utilizzo di cospicui fondi pubblici stanziati
dal Ministero per lo sviluppo economico, “un contributo complessivo di
83 milioni di euro, di cui fino a 16 a fondo perduto, a fronte di un
investimento complessivo previsto dall’impresa di circa 160 milioni di
euro” (accordo 2 marzo 2018).
Infatti, si sta per chiudere positivamente, con condizioni, il
procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) relativo al
“Progetto di ammodernamento della raffineria di produzione di allumina
ubicata nel Comune di Portoscuso, ZI Portovesme (CI)”da parte della
Eurallumina s.p.a.
Si tratta della terza variante del progetto, dopo le
prime due del 2015: l’attuale versione del progetto non prevede più
una nuova centrale a carbone, ma un vaporodotto in collegamento con
l’esistente centrale elettrica ENEL.
Anche in questo caso l’associazione ecologista Gruppo d’Intervento
Giuridico onlus ha inviato sistematicamente atti di intervento nel
procedimento di V.I.A., formalizzando, fra l’altro, una proposta
alternativa fin dal maggio 2016 presentata pubblicamente, ma
colpevolmente snobbata da anni da amministrazioni pubbliche, aziende,
sindacati: sarebbe quantomeno da verificare concretamente la
possibilità della trasformazione del polo dell’alluminio primario di
Portoscuso in polo dell’alluminio riciclato, che permetterebbe la
salvaguardia dei posti di lavoro, infinitamente minori consumi
energetici e, soprattutto, infinitamente minori impatti ambientali e
sanitari.
L’alluminio, infatti, è materiale completamente riciclabile e
riutilizzabile all’infinito per la produzione di oggetti anche sempre
differenti.
L’Italia (insieme alla Germania) è
oggi il terzo Paese al mondo per la produzione di alluminio riciclato,
dopo gli Stati Uniti e il Giappone.
Attualmente ben il 90% dell’alluminio utilizzato in Italia (il 50% nel
resto dell’Europa occidentale) è alluminio riciclato e ha le stesse
proprietà e qualità dell’alluminio originario: viene impiegato
nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per
nuovi imballaggi.
La raccolta differenziata, il riciclo e recupero dell’alluminio
apportano numerosi benefici alla Collettività in termini economici
perché il riciclo dell’alluminio è un’attività particolarmente
importante per l’economia del nostro Paese, storicamente carente di
materie prime, in termini energetici, perché permette di risparmiare
il 95% dell’energia necessaria a produrlo dalla materia prima[1],
nonchè sotto il profilo ambientale in quanto abbatte drasticamente le
emissioni inquinanti e necessità di molte meno risorse naturali.
Nel 2016 in Italia sono state recuperate ben 48.700 tonnellate di
alluminio, il 73,2% delle 66.500 tonnellate immesse nel mercato nello
stesso anno: così sono state evitate emissioni inquinanti pari a 369
mila tonnellate di CO2 ed è stata risparmiata energia per oltre 159
mila tonnellate equivalenti petrolio (dati Consorzio Italiano
Imballaggi Alluminio – CIAL, 2017).
La totalità dell’alluminio attualmente prodotto in Italia proviene dal riciclo.
I trend confermano l’Italia al primo posto in Europa con oltre 927
mila tonnellate di rottami riciclati (considerando non soltanto gli
imballaggi).
Oggi nel nostro Paese operano dodici fonderie che trattano rottami di
alluminio riciclato, con una capacità produttiva globale di circa 808
mila tonnellate di alluminio secondario (2015), un fatturato
complessivo di oltre 1,87 miliardi di euro e circa 1.600 lavoratori
occupati nel settore.
Se la Sardegna abbandonasse una volta per tutte gli incubi industriali
da obsoleto kombinat sovietico, ne avremmo vantaggi ambientali,
sanitari ed energetici per tutti, compresi quei 200 operai che da
dieci anni battono i caschetti per terra, i quali potrebbero tornare
finalmente a lavorare senza avvelenare i propri figli.
Di altri scempi ambientali non se ne sente proprio il bisogno eppure
nessuna risposta è giunta alle proposte alternativa da parte di
sindacati, amministrazioni pubbliche, Chiesa, associazionismo, forze
politiche, nemmeno da parte di quel Movimento 5 Stelle che alle ultime
elezioni politiche (2018) ha sbancato il Sulcis-Iglesiente e
Portoscuso in particolare (44,68% dei voti).
Quel silenzio che consegna bambini e adulti a un nuovo bombardamento
di inquinamento.