C'è posta per il sindaco Bruno: gli scrive Guido Sari

Mario Bruno
  Indirizzare al sindaco della propria città una lettera che contenga alcuni rilievi è atto che può essere frainteso, scambiato per una delle tante critiche provenienti da posizioni politiche diverse. In questo caso, però, non vi è alcuna critica, ma si tratta di semplici considerazioni di carattere generale che chi amministra una città non dovrebbe trascurare. Sappiamo tutti che i nostri sindaci sono orgogliosi della loro città, lo deduciamo dalle numerose volte in cui lo affermano nei discorsi pubblici.

   Orgoglio è una delle parole che ricorrono più spesso, però anche Bellezza, Cultura, Storia vi compaiono con pari frequenza. E da qui appunto nasce questa lettera, come sfogo per la leggerezza con cui tali ‘frequenze’ vengono tradite nella vita quotidiana, nella ordinaria gestione della cosa pubblica. In anni precedenti, con una Amministrazione di diverso colore politico, aveva deluso e fatto discutere la decisione di risotterrare un tratto del Bastione dello Sperone Reale, che alcuni scavi di archeologia urbana avevano messo in luce: un residuo di bastione con bugnato (c’è da dire, però, che solo un anno prima quella stessa Amministrazione aveva restituito alla città la vista d’un tratto spettacolare di vecchia cortina muraria).

  Oggi una nuova Amministrazione non sembra mostrare maggior sensibilità verso un altro bastione: quello della Maddalena. Riuscito miracolosamente a salvarsi dalle grandi demolizioni degli inizi del Novecento, il bastione vide nel tempo cambiare la sua destinazione d’uso: area per calafati, per piccoli circhi di provincia e in ultimo per un teatro all’aperto. Teatro che dimostrò fin dagli inizi di essere scomodo e poco funzionale e che oggi si presenta come un fallimento architettonico e come un elemento d’intollerabile squallore per una città turistica.

  Presenza ingombrante che attesta sia l’inciviltà di coloro che trasformano l’area storica di prestigio in un immondezzaio che la mancanza di interesse da parte di chi potrebbe far rimuovere la vecchia struttura, ma non prende nessuna decisione in tal senso. Recentemente ho visitato la mostra, nei locali restaurati dell’ex Biblioteca comunale, in cui figuravano alcune serigrafie di Warhol. Mi aspettavo che, dopo gli scavi effettuati dall’Università di Sassari in collaborazione col Comune di Alghero -che avevano dato vita, dietro iniziativa del prof. Milanese, a delle scoperte di grande valore storico e antropologico (2008-09)-, si mettesse in evidenza con l’aiuto di un semplice cartello che sotto la pavimentazione della biblioteca era stata messa in luce quella parte dell’antico cimitero medievale di S. Michele in cui durante la peste del 1582-83 erano stati inumati nostri concittadini.

   Niente di tutto questo! Un altro documento della nostra storia non è stato ritenuto degno di essere ricordato o, forse, e ciò è decisamente peggio, a nessuno è venuto in mente che potesse essere utile segnalarlo. Risulta davvero incredibile la mancata corrispondenza che constatiamo non di rado nei governi cittadini tra alcune affermazioni di principio e l’effettiva traduzione in atti concreti. Vi sono parole che funzionano come cartine di tornasole, che ci permettono di formulare un giudizio sulla mentalità di chi ne fa un uso pubblico: una di queste è Promozione.

  Pur di fare promozione, pur di assicurare alla città la possibilità di essere conosciuta in ambito nazionale e internazionale (finalità benemerita e condivisibile) si è disposti a tutto: a rendere omaggio a chi, nativo del luogo, ha partecipato al Grande Fratello; ad intestare una piazza a chi ha avuto il solo merito di aver usato il nome di Alghero, per necessità di rima, in una sua canzone. Tali scelte dovrebbero far presupporre che esista un imperativo categorico fatto proprio dai nostri amministratori (compresi i commissari prefettizi) per cui tutto quello che può promuovere, far conoscere Alghero debba essere premiato, segnalato. Purtroppo non è così.

  O meglio non è così sempre. Infatti l’imperativo categorico si sfalda a causa di un progressivo impoverimento del sentimento identitario ed è condizionato dalle condotte sociali proposte dai media. Basterebbe osservare la toponomastica dove il criterio del legame con la cultura del luogo (legame tra tòpos e ònoma) a volte non viene neppure preso in considerazione, per cui troviamo vie intestate a persone che non hanno nessuna relazione con Alghero e che hanno un significato esclusivamente nell’ambito culturale di provenienza; o ancora l’eccesso di intitolazioni ad un unico personaggio, a cui si dedicano piazza e scuola; ridondanza che si contrappone all’assoluto oblio riservato ad altri personaggi come, per esempio, Pere Català i Roca, che fu tra i promotori più attivi del secondo Retrobament e che sempre si prodigò per far conoscere Alghero in Catalogna.

   Però basterebbe osservare l’attenzione riservata alla lingua storica della città e alla produzione culturale in lingua per avere un’ulteriore prova della leggerezza che sottende l’uso di parole come Orgoglio, Cultura, Storia, Futuro. La lingua rappresenta un bene inestimabile che molti altri comuni, se l’avessero avuto, avrebbero valorizzato con accortezza e impegno. Noi no. Noi le dedichiamo le briciole e tutti gli interventi in suo favore sono fatti, da parte degli amministratori, con grande timidezza. Una tale timidezza che non consente, fino ad oggi, a un anno dall’elezione della nuova Giunta, di poter individuare le strategie a favore dell’algherese che il Sindaco vuol porre in campo. Ma forse questa corrosione del sentimento identitario è l’elemento più proprio dell’attuale temperie culturale di cui i politici sono un riflesso come tutti noi.

  Nel mondo condizionato dai media, dai social network prevale il concetto dell’ampiezza dei circuiti culturali, non quello della qualità; domina inoltre il concetto di visibilità a tutti i costi: chi è più visibile più vale, e chi è più visibile più si guadagna attenzioni a livello istituzionale. Lo stesso concetto di cultura viene stravolto. Infatti ciò che più appare, ciò che ha o può avere una risonanza più vasta, ha la meglio su forme di cultura meno vistose, che non offrono un’attrazione momentanea al turista o al cittadino, ma che forniscono strumenti di conoscenza non effimeri. Questo tipo di cultura viene invece trascurato, come dimostra la scelta di destinare i locali del Quarter e dell’ex Biblioteca comunale a spazio espositivo e non invece al servizio Biblioteca, preferendo relegare quest’ultimo in un luogo poco accessibile, in cui l’offerta culturale è dimezzata e in cui la crescita del patrimonio librario da offrire alla collettività è negata da una oggettiva mancanza di spazi.

                                                                       Guido Sari