A Buoncammino ultraottantenni, disabili e sieropositivi - Denuncia di Maria Grazia Caligaris

Maria Grazia Caligaris
“Salvatore Mulas, 43 anni, cagliaritano, sieropositivo, affetto da epatite C, anoressico, con una cifoscoliosi alla colonna vertebrale e una frattura all’astragalo destro che gli impedisce di camminare si trova in cella. Una condizione per la quale l’uomo, peraltro soggetto a tromboflebiti, è già stato dichiarato incompatibile. Ciò nonostante, inspiegabilmente, dallo scorso mese di aprile è ristretto a Buoncammino essendo stato precedentemente ai domiciliari e affidato al Day Hospital di Is Mirrionis”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, sottolineando che “si tratta di un caso delicato anche per le particolari condizioni psicologiche di Mulas”. “Nella Casa Circondariale di Cagliari però – evidenzia ancora Caligaris – ci sono altre persone che potrebbero scontare la pena in strutture alternative. Sono presenti infatti B.T., asseminese, di 83 anni, e S.M. quartese, di 82. Due età record per una struttura penitenziaria. Nel Centro Diagnostico Terapeutico sono inoltre ricoverati C.P. di 73 anni e D.P. di 75. Quest’ultimo, affetto da cardiopatia ischemica, era stato già ricoverato per infarto acuto del miocardio al San Giovanni di Dio dove aveva subito anche angioplastica e stent. All’anziano detenuto, che si muove con una carrozzina, è stata inoltre diagnosticata una sospetta neoformazione a una corda vocale” “Davanti a quadri sanitari così problematici, in considerazione dell’età avanzata di questi ristretti e tenendo conto che ciascuno di loro non è autosufficiente occorre individuare residenze sanitarie assistite. E’ evidente che queste persone non possono continuare a stare in un CDT, peraltro ormai in fase di smobilitazione giacché tra qualche mese dovrà aprire Uta. L’umanità della pena non è un principio astratto ma un valore che deve essere perseguito sempre. E’ difficile immaginare che una persona non più in grado di muoversi autonomamente possa costituire un grave pericolo sociale così come è possibile evitare qualunque rischio – conclude la presidente di SDR – facendo curare gli ammalati psichici in luoghi idonei. Spesso si ha invece l’impressione che chiudere una persona in una cella sia la strada più semplice per risolvere un’incombenza burocratica, anche aldilà del buon senso”.