L'Europa ha dato 15 milioni di euro per la pesca alla Sardegna nel 2013: speso meno di un milione

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  Abbattere una burocrazia che moltiplica i costi e rallenta la spesa dei fondi europei, puntare su investimenti strutturali che permettano un miglioramento del sistema portuale e un rinnovamento delle flotte, unire le forze e fare rete, per contrastare la crisi e rilanciare un comparto fondamentale per l’economia della Sardegna.

  Questa la ricetta emersa nel corso dell’assemblea regionale di Federcoopesca, tenutasi a Dolianova per il rinnovo delle cariche elettive e per fare il punto sul settore ittico sardo che conta circa 10.000 occupati tra lavoratori diretti e indotto. Nell’isola, distribuite nei circa 1.850 chilometri di coste, operano 1.355 imbarcazioni da pesca con circa 3.000 pescatori imbarcati, mentre sono oltre 30 le aree lagunari (per quasi 9.000 ettari), all’interno delle quali lavorano poco meno di 1.000 pescatori.

   Numeri di un settore, quello della pesca sarda rilevante non solo per gli aspetti sociali ed economici, basti pensare che l’indotto arriva a dare 6.000 posti di lavoro, ma anche per quelli storici e culturali. “Il settore – spiega Roberto Savarino, riconfermato presidente di Federcoopesca Sardegna per i prossimi 5 anni - mostra tutti i segni di una difficoltà che assume carattere strutturale, aggravata negli ultimi anni dalla delicata situazione economico-finanziaria che stiamo vivendo per questo diventa fondamentale puntare sulla cooperazione.

  E’ necessario fare sistema anche con chi opera sulla terraferma, valorizzando i prodotti sardi, per questo non è un caso aver svolto la nostra assemblea regionale nella sede di una cantina. Gli operatori stanno facendo la propria parte - prosegue Savarino - e dando seguito a quanto previsto dalle politiche europee si sono riuniti in apposite associazioni e già varato alcuni Piani Locali di Gestione che riguarderanno, con azioni di autoregolamentazione, diverse aree di pesca e differenti mestieri.

  Si sono inoltre impegnati a costituire 4 Gruppi d’Azione Costiera (GAC), di cui due attualmente attivi, che, con metodologie di programmazione dal basso, hanno portato a redigere Piani di Sviluppo Locale nella Sardegna Orientale e nel Nord Sardegna. Ora ci si aspetta un segnale di profondo cambiamento e un rinnovato impegno da parte della Regione.

  Purtroppo – conclude il presidente di Federcoopesca Sardegna – in questi anni abbiamo assistito ad una istituzione regionale fortemente disattenta verso il settore della pesca, sempre più marginalizzato dalla politica sarda con una programmazione assolutamente insufficiente sia da un punto di vista della visione strategica a medio lungo termine, sia per le risorse finanziarie impegnate. Basti pensare che nel bilancio 2014 le voci del settore sono praticamente a zero.

   I fondi peraltro, per il pesantissimo tasso di burocrazia oltre che per problematiche di ordine generale di difficoltà di accesso al credito, vengono spesi con enorme difficoltà. Degli oltre 15 milioni di euro messi a disposizione in Sardegna per i fondi strutturali specifici del FEP nella programmazione europea 2007-2013, la Sardegna ne ha speso ad oggi meno di un milione. E’ quindi assolutamente indispensabile portare avanti azioni concrete per cambiare la rotta e alleviare il grave stato di sofferenza in cui versa l’intero settore, prima che sia troppo tardi.

  Siamo fiduciosi che il neo assessore dell’Agricoltura, una volta presa visione dei dati saprà raccogliere al meglio le istanze che arrivano dall’intero comparto e mettere in campo le azioni adeguate che sono necessarie per la ripresa”.Un quadro, quello sardo, che rispecchia in pieno la situazione nazionale.

   “Per quanto riguarda la pesca in Italia – sottolinea il presidente nazionale di Federcoopesca, Massimo Coccia - si è assistito negli ultimi dieci anni a troppi segni negativi degli indici macroeconomici, a cominciare dalle risorse per la programmazione di settore, ridotte del 77 per cento e dai posti di lavoro persi, arrivati ormai a 17.000 con un crollo del 30 per cento di imbarcazioni, del 38 per cento di addetti, una flessione media annua della produzione pari al 4,7 per cento, le catture quasi dimezzate al 48 per cento e la redditività di impresa crollata del 31 per cento”.