Violenza familiare : superare la vergogna con l’aiuto del Consultorio dell'Asl

-
di Mauro Orrù “Vogliamo dire alle vittime che siamo a loro disposizione, perché insieme si può uscire dallo stato di prigionia e, solo insieme, si può affrontare quello stato di “vergogna” che a volte impedisce di reagire alla violenza, nella convinzione che la persona di cui ci siamo innamorate possa cambiare”. Così Carmen Ghiani psicologa della Asl di Olbia.

 “Le donne, solitamente vittime, subiscono e sopportano la violenza nel momento in cui l’aggressore ha già minato il loro senso di identità e avvia un percorso di demolizione delle difese psicologiche - aggiunge la Ghiani - tanto da insinuare un elevato senso di colpa e di dubbio, sentimenti che rendono difficile per la vittima prendere atto della condizione di sopraffazione nella quale vive, che le impedisce di comunicarlo anche ai familiari più vicini”, Sui fatti di cronaca che ultimamente stanno occupando la ribalta degli organi di informazione, interviene anche la dottoressa Liliana Pascucci, responsabile dei Servizi Consultoriali della Asl di Olbia: “Dal 2010 la Asl di Olbia, attraverso il Servizio Consultoriale, con i Pronto Soccorso e il Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze, ha siglato un Protocollo d’Intesa con l’Associazione Prospettiva Donna, la Fidapa, la Congregazione Figlie della Carità e l’amministrazione comunale di Olbia per accogliere, prestare cura e soccorso, assistere e supportare, la donna vittima di violenza; fare una prima valutazione del caso e accompagnare e sostenere la stessa all’interno della rete dei servizi sociali e psico-sociali - spiega Liliana Pascucci .

 L’Azienda Sanitaria deve accogliere, ascoltare e prendere in carico la donna e i suoi figli minori, ha poi il compito, fornendole il giusto supporto anche psicologico, di inviare la donna al Cento antiviolenza e ai servizi sociali dei Comuni di appartenenza per i relativi interventi. Un Protocollo d’Intesa, in scadenza e che andrà rinnovato, che si è dimostrato uno strumento utile per armonizzare le varie competenze e professionalità presenti sul territorio che, insieme, interagiscono per migliorare la qualità della vita delle vittime e dei loro figli”, conclude la Pascucci. In conclusione Carmen Ghiani aggiung: “Per la vittima è indispensabile “superare la vergogna della condizione in cui si vive, raccontarla e farsi aiutare, perché un amore “malato” non è un amore “sano” e va curato, ma non da soli”.