Moby Prince: i familiari delle vittime fanno causa allo stato

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I parenti delle vittime del Moby Prince, il traghetto protagonista della strage del 10 aprile 1991, citano in giudizio i ministeri della Difesa e dei Trasporti. Quel giorno morirono 140 passeggeri tra cui due algheresi. Pasqualino Piu, conosciuto in città come "Papillon" e la sua compagna Angelita Demontis.

«La richiesta di risarcimento per il disastro del Moby Prince è la naturale conseguenza delle determinazioni della commissione parlamentare d’inchiesta» dichiara il presidente dell’associazione “io sono 141” Loris Rispoli. L’atto di citazione è stato sottoscritto da 84 familiari delle vittime che persero la vita a bordo del traghetto, andato a fuoco dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno il 10 aprile 1991.

Rispoli, che nell’incidente perse la sorella, chiede che oggi lo Stato riconosca quelle responsabilità che i parenti delle vittime sostengono da tempo e che ora sono state scritte nero su bianco anche dalla commissione parlamentare che ha stabilito con certezza come la vita a bordo del traghetto si sia protratta per ore e che quindi, se vi fossero stati adeguati soccorsi alle due navi e meno manchevolezze da parte dell'armatore della Moby, molte vite si sarebbero potute salvare. La prima udienza davanti al tribunale di Firenze è fissata per il 26 marzo.

I familiari, assistiti dagli avvocati Stefano Taddia e Paola Bernardo di Livorno e Ugo Milazzo e Sabrina Peron di Milano, chiedono di "accertare e dichiarare - così nell'atto di citazione - le responsabilità dei ministeri della Difesa (da cui dipendeva allora la Capitaneria di Porto) e delle Infrastrutture e dei trasporti (per la sicurezza della navigazione) nella causazione del disastro del Moby".

«Siamo fiduciosi - aggiunge Rispoli - che anche la procura di Livorno, che ha riaperto le indagini, chieda presto un nuovo processo penale ora che i responsabili della strage per i mancati soccorsi e la mancata sicurezza in mare sono stati individuati dalla commissione parlamentare, affinché siano processati per il reato di strage per il quale non c'è prescrizione».

Rispoli rivela che i magistrati livornesi "non più di un mese fa hanno nuovamente reinterrogato il mozzo Alessio Bertrand, unico sopravvissuto che non ha mai cambiato versione in questi anni e ha sempre dichiarato che vi erano altri superstiti al momento del suo salvataggio".